Japan History: Hattori Hanzō

Hattori Hanzō

Hattori Hanzō (服部 半蔵, ~1542 – 4 Novembre, 1596), conosciuto anche come Hattori Masanari o Hattori Masashige (服部 正成), è stato un samurai dell'era Sengoku. È famoso per aver salvato la vita di Tokugawa Ieyasu e per averlo aiutato a diventare il dominatore del Giappone.

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Era il figlio di Hattori Hanzō Yasunaga (服部 半蔵(半三) 保長), samurai minore al servizio del clan Matsudaira (successivamente Tokugawa). In seguito, per via delle tattiche utilizzate per le sue operazioni, gli venne dato il soprannome di Oni no Hanzō (鬼の半蔵, Demone Hanzō). Ciò per distinguerlo da Watanabe Hanzo (Watanabe Moritsuna), il cui soprannome era Yari no Hanzō (槍の半蔵 Lancia Hanzō).

Si narra che Hanzō iniziò il suo addestramento sul monte Kurama a nord di Kyōto all'età di 8 anni, divenne un guerriero esperto a 12 anni e fu riconosciuto come maestro samurai a 18.

Combattè la sua prima battaglia a 16 anni (un attacco notturno al Castello di Udo). Successivamente, riuscì a portare a termine con successo il salvataggio delle figlie di Tokugawa al Castello di Kaminogō, nel 1562, prendendo poi d'assedio il Castello di Kakegawa nel 1569.

Si distinse inoltre nelle battaglie di Anegawa (1570) e Mikatagahara (1572).

Secondo il Kansei Chōshū Shokafu, una genealogia di grandi samurai completata nel 1812 dallo shogunato Tokugawa, Hattori Hanzō rese meritevole servizio a Mikatagahara, diventando poi comandante dell'Unità di Iga costituita da 150 uomini. Catturò infatti una spia di Takeda Shingen chiamata Chikuan e, quando le truppe di Takeda invasero Totomi, Hanzō contrattaccò con soli 30 uomini presso il fiume Tenryū.

Durante la guerra Tenshō Iga, nel 1579, difese il paese natale dei ninja nella provincia di Iga dalle mire di Oda Nobukatsu, secondo figlio di Oda Nobunaga. E di nuovo combattè valorosamente nel 1581, questa volta però senza successo, per prevenire che la provincia di Iga venisse eliminata dalle forze sotto il comando personale dello stesso Nobunaga.

Il suo più grande contributo arrivò però nel 1582, dopo la morte di Oda Nobunaga. Guidò infatti il futuro shogun Tokugawa Ieyasu verso la salvezza, nella Provincia di Mikawa, attraversando il territorio di Iga con l'aiuto dei rimanenti ninja locali. Hanzō sembra abbia anche aiutato a salvare la famiglia di Ieyasu che era stata catturata.

Prestò servizio durante l'assedio di Odawara e fu premiato con 8,000 koku. E nel momento in cui Ieyasu entrò Kantō, ricevette altri 8,000 koku, 30 yoriki e 200 pubblici ufficiali a suo servizio. Si diceva inoltre che Ieyasu avesse cominciato a assumere al suo servizio più ninja di Iga con Hanzō come leader.

Hanzō era famoso per essere un esperto stratega e maestro nella lotta con la lancia. Fonti storiche dicono che trascorse gran parte dei suoi ultimi anni come monaco sotto il nome di "Sainen",  e che avesse costruito il tempio Sainenji. Tempio eretto per commemorare il figlio maggiore di Tokugawa Ieyasu, Nobuyasu. Nobuyasu infatti era stato accusato di tradimento e di cospirazione da Oda Nobunaga e gli era stato ordinato di fare seppuku da suo padre Ieyasu. Hanzo fu chiamato come suo secondo ufficiale per mettere fine alle sofferenze di Nobuyasu. Ruolo che rifiutò non volendo sollevare la spada sulla discendenza del suo stesso signore. Sembra che Ieyasu, dopo aver saputo delle traversie affrontate da Hanzo, avesse apprezzato la sua lealtà e disse: "Anche un demone può versare lacrime".

Alcuni racconti gli attribuiscono abilità sovrannaturali come il teletrasporto, la psicocinesi, e la precognizione. Tutto ciò ha contribuito a renderlo sempre più importante nella cultura popolare. Morì all'età di 55 anni.

Dopo la sua morte, il 4 Novembre 1596, a succedergli fu suo figlio, il cui nome era sempre Masanari scritto però con kanji differenti. Ricevette il titolo di Iwami no Kami ed i suoi uomini di Iga furono posti a guardia del Castello di Edo, il quartier generale del governo del riunito Giappone. Ad oggi, è ancora possibile vedere una parte dell'eredità lasciata da Hanzō. Il Palazzo Imperiale di Tokyo ha ancora un cancello chiamato Hanzō's Gate (Hanzōmon), con una omonima linea metropolitana Hanzōmon.

Hattori Hanzō nella cultura di massa

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Come figura storica e protagonista di uno dei più grandi periodi della cultura dei samurai in Giappone, Hattori Hanzō ha molti ammiratori, sia Giapponesi che non. Nella cultura moderna è spesso associato ai ninja di Iga.

Molti film, speciali e serie tv sulla vita di Tokugawa Ieyasu descrivono gli avvenimenti menzionati sopra. L'attore Sonny Chiba ha interpretato il suo ruolo nella serie Hattori Hanzô: Kage no Gundan (Guerrieri dell'ombra), in cui lui e i suoi discendenti sono i personaggi principali.

La sua vita ed il servizio reso a Tokugawa Ieyasu sono stati ripresi nella manga  Path of the Assassin, mentre il giovane Hanzō è il personaggio principale del manga Tenka Musō.

Il romanzo The Kouga Ninja Scrolls ed i suoi adattamenti ritraggono i 4 Hattori Hanzo che hanno servito come capi ninja sotto il comando di Tokugawa Ieyasu.

Hanzō appare anche nel romanzo Fukurō no Shiro (Owl's Castle), nonché in tutta una serie di manga. Nel manga ed anime Gintama ad esempio è presente un personaggio parodia chiamato Hattori Zenzo, mentre nel manga Naruto il personaggio chiamato Hanzō è il leader del villaggio segreto di ninja Amegakure. In Samurai Deeper Kyo, un inusuale colpo di scena rivela che Hattori Hanzō è in realtà Tokugawa Ieyasu travestito. Compare anche in Tail of the Moon, e nel live-action Goemon, oltre che nell'episodio "Spartan vs. Ninja" del programma televisivo Deadliest Warrior.

Hattori Hanzō appare come un personaggio ricorrente nella serie di video game Samurai Shodown della SNK, apparendo in ogni gioco della serie, nonché nell'adattamento anime. Fa alcune comparse anche nella serie The King of Fighters. In World Heroes, un altro videogame della SNK, Hanzō è uno dei personaggi principali insieme al suo rivale Fūma Kotarō. Nel video game Samurai Warriors è invece ritratto come un ninja altamente qualificato, molto leale a Tokugawa Ieyasu. Appare anche in diversi altri video game come Taikou Risshiden V, Kessen III, Civilization IV: Beyond the Sword, Shall We Date?: Ninja Love, Pokémon Conquest, Sengoku Basara: Samurai Heroes, e la serie Suikoden. Nell’edizione limitata di Total War: Shogun 2 è il capo del Clan Hattori, una delle fazioni che lottano per la supremazia in Giappone, e ha una unità DLC chiamata"Hanzo's Shadows".

Alcuni lavori, come il gioco di carte collezionabili Force of Will, la serie Hyakka Ryōran, l'anime Sengoku Otome: Momoiro Paradox, ed il video game Yatagarasu, lo reimmaginano come ninja donna.

Nel film Kill Bill, Hattori Hanzō è il nome di un abilissimo maestro forgiatore di letali spade che ha creato una katana speciale per la protagonista, nonostante avesse giurato a sè stesso che non avrebbe più realizzato strumenti di morte.


Japan History: I Samurai

I Samurai

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Il nome Samurai deriva dal verbo saburau che vuol dire "servire" o "tenersi a lato", letteralmente "colui che serve". In giapponese, durante il periodo Heian (794-1185), si pronunciava saburapi e più tardi saburai.

Altro nome con cui era conosciuto il samurai è bushi (武士). Questo termine appare per la prima volta nel  Shoku Nihongi (続日本紀, 797 d.C.), un antico documento giapponese racchiuso in quaranta volumi. Esso raccoglie le più importanti decisioni di stato prese dalla corte imperiale tra il 697 d.C. e il 791 d.C. . In una parte del libro si dice: "I samurai sono coloro che formano i valori della nazione".

Secondo il libro Gli ideali del samurai di William Scott Wilson, le parole bushi e samurai sono diventate sinonimi alla fine del XII secolo. Wilson esplora a fondo le origini della parola  "guerriero" nella cultura giapponese senza tralasciare i caratteri kanji con cui viene scritto. Egli afferma che bushi in realtà si traduce con "l'uomo che ha la capacità di mantenere la pace, con la forza militare o letteraria".

Saburai è stato sostituito da samurai agli inizi dell'era moderna, alla fine del periodo Azuchi-Momoyama (1573–1603) e agli inizi del periodo Edo del tardo XVI e XVII secolo.

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I Samurai servivano i daimyō, feudatari locali che rispondevano allo shogun. Quando questo moriva o ne perdeva la fiducia, il samurai diventava Rōnin, ovvero "uomo onda", inteso come "libero da vincoli".

Il bushidō,  il codice d'onore dei samurai, prevedeva che per espiare la propria colpa e riacquistare l'onore perduto si dovesse ricorrere alla pratica dello harakiri, che significa "tagliare il ventre" . L’harakiri rappresenta la parte culminante della pratica del suicidio rituale denominato seppuku, attraverso lo sventramento del ventre con la spada corta wakizashi. Il venir meno a questi principi causava il disonore del guerriero che diventava un rōnin appunto, ossia un samurai errante, alla deriva, senza onore né dignità.

Il significato della parola ronin assumeva dunque un carattere dispregiativo, soprattutto nell'era Tokugawa (1603- 1868), l'epoca di massimo isolamento e splendore del Giappone. In questo periodo i ronin giravano per le campagne intimidendo i contadini e saccheggiando villaggi, in cerca di un nuovo signore a cui prestare servizio.

Un rōnin poteva essere disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, oppure poteva arrivare a unirsi ad altri come lui e creare scompiglio. Questi guerrieri erano disprezzati dai samurai veri e propri, tant'è che nessuno era chiamato a rispondere della loro uccisione. Ma i ronin avevano anche un altro ruolo. Capitava infatti che si unissero a mercanti, contadini e artigiani per difendere i villaggi dai saccheggi dei briganti, insegnando tecniche di guerra e le arti marziali. Costituivano una sorta di guardia del corpo (yojimbo) auto organizzata.

Si pensa che questa specie di polizia privata possa essere all'origine della yakuza, la moderna mafia giapponese. I suoi affiliati hanno infatti in comune con i samurai un forte senso di appartenenza ai clan e una lealtà assoluta verso il proprio "boss".

Questi sono alcuni termini usati come sinonimo di samurai.

•Buke 武家 - un appartenente a una famiglia militare, un suo membro;

•Mononofu もののふ - termine arcaico per "guerriero";

•Musha 武者 - abbreviazione di bugeisha 武芸者, letteralmente "uomo delle arti marziali";

•Shi 士 - pronuncia sinogiapponese del carattere che comunemente si legge samurai

•Tsuwamono 兵 - termine arcaico per "soldato", reso celebre da un famoso haiku di Matsuo Basho; indica una persona valorosa;

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L'addestramento cominciava dai 3 anni, e fino ai 7 consisteva nell’imparare a non temere la morte ed il combattimento, e ad obbedire al proprio signore, controllando la mente ed il corpo. Per temprare il corpo, venivano sottoposti a docce gelate sotto le cascate o nella neve, così che potessero imparare a resistere agli stimoli esterni. Si passava poi all'insegnamento dell'uso dell'arco e della spada contro nemici immaginari.

A 12 anni erano già in grado di uccidere.

Il legame con gli addestratori poteva diventare molto speciale. In epoca feudale le pratiche sessuali tra uomini erano all'ordine del giorno per i guerrieri samurai. Secondo la tradizione dello shudo - da wakashudo (la "Via degli adolescenti") - i giovani trascorrevano diversi anni a contatto con uomini più grandi. Uomini che oltre ad iniziarli alle tecniche di combattimento li introducevano al mondo del sesso. Gli apprendisti samurai ne divenivano allora gli amanti ufficiali, in un rapporto che era riconosciuto ed esigeva, naturalmente, fedeltà assoluta.

I samurai lavoravano per la gloria del daimyō, ma il loro stipendio si limitava a una paga in riso. Per mantenere il proprio status sociale, i samurai che non erano già ricchi di famiglia si arrangiavano come potevano con lavoretti secondari, come la fabbricazione di ombrellini o stuzzicadenti. Li facevano vendere ad altri, però, per non compromettersi troppo.  Avevano però anche diversi privilegi: avere un cognome, che la gente comune in Giappone non aveva, e quello del kirisute gomen, ossia l' "autorizzazione a tagliare e abbandonare". Il samurai poteva cioè uccidere chiunque gli avesse mancato di rispetto, se di rango inferiore. L'unico scrupolo era riuscire a dimostrare successivamente, in sede legale, il torto subito.

Per quanto riguarda la vita sentimentale,  la moglie dei samurai veniva scelta a tavolino. Essa doveva appartenere a una stirpe guerriera, oppure essere "adottata" da una famiglia di samurai che ne nobilitasse le origini prima del matrimonio. Alle spose dei samurai toccava però un "privilegio" (si fa per dire): col matrimonio guadagnavano il diritto di praticare anch'esse il suicidio rituale, il jigai, con un taglio alla gola.

Nel Giappone medievale si potevano incontrare anche donne samurai addestrate nei valori e nell'arte marziali della casta fin da giovanissima età. I Samurai di questa casta praticavano arti marziali, lo zen, il cha no yu (arte del té) e lo shodō (arte della scrittura). Nell'era Tokugawa persero la loro funziona militare diventando molti di loro semplici rōnin. Alla fine del periodo Edo i samurai erano diventati burocrati al servizio dello shōgun o del daimyō, e la loro spada veniva usata solo per scopi cerimoniali per sottolineare la loro appartenenza alla casta.

Con il rinnovamento Meiji e l’apertura del Giappone al mondo occidentale nel XIX secolo, la classe dei samurai fu abolita poichè ritenuta anacronistica e fuori dal tempo. Al suo posto fu favorito un esercito in stile occidentale. Due leggi, sotto l'Imperatore Meiji (1852-1912), segnarono la fine dei samurai. Una, l'editto Dampatsurei, obbligò i servi guerrieri a rinunciare al codino e a portare i capelli all'occidentale. L'altra, meno di "facciata" e ancora più determinante, fu l'editto Haitorei, che li privò del diritto di portare armi in pubblico. Ai samurai senza katana non rimase che una piccola pensione statale, e il rifugio nel folclore.

Ma il bushidō continua tutt'oggi a sopravvivere nella società Giapponese odierna.

Le Armi

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I samurai usavano una grande varietà di armi, anzi un'evidente differenza tra la cavalleria europea e i samurai riguarda proprio l'impiego delle armi. I samurai non ritennero mai che esistessero armi disonorevoli, ma solo armi efficienti e inefficienti. L'uso delle armi da fuoco costituì una parziale eccezione, in quanto fu fortemente scoraggiato durante il XVII secolo dagli shogun Tokugawa. Si arrivò a proibirle quasi completamente e ad allontanarle del tutto dalla pratica della maggior parte dei samurai.

Nel periodo Tokugawa si diffuse l'idea che la katana contenesse l'anima del Samurai, e a volte sono stati descritti (erroneamente) come totalmente dipendenti dalla spada per combattere.

Raggiunti i tredici anni, in una cerimonia chiamata genpuku, ai ragazzi della classe militare veniva dato un wakizashi (lo spadino utilizzato anche per suicidarsi) e un nome da adulto. Diventavano così vassalli, cioè samurai a tutti gli effetti. Questo dava loro il diritto di portare una katana, sebbene venisse spesso assicurata e chiusa con dei lacci per evitare sfoderamenti immotivati o accidentali. Insieme, katana e wakizashi, vengono chiamati daishō (letteralmente: "grande e piccolo"). Il loro possesso era la prerogativa del buke, la classe militare al vertice della piramide sociale. Portare le due spade venne vietato nel 1523 dallo shogun ai cittadini comuni che non erano figli di un samurai, per evitare rivolte armate, perché prima della riforma tutti potevano diventare samurai.

Ma oltre alla spada, un’altra importantissima arma dei samurai, era lo shigetou, l'arco asimmetrico giapponese, e ciò non fu modificato per secoli, fino all'introduzione della polvere da sparo e del moschetto nel XVI secolo.  Lo shigetou, lungo 2 metri e fatto di legno laminato e laccato,era arma di esclusiva pertinenza dei samurai. Fino alla fine del XIII secolo la via della spada (kendo) fu meno considerata della via dell'arco da molti esperti di bushidō. Un arco giapponese era un'arma molto potente: le sue dimensioni permettevano di lanciare con precisione vari tipi di proiettili (come frecce infuocate o frecce di segnalazione) alla distanza di cento metri. Arrivavano addirittura fino a duecento metri quando non era necessaria la precisione.

Durante l'era di più grande potere dei samurai il termine yumitori (arciere) veniva utilizzato come titolo onorario per un guerriero, anche quando l'arte della spada divenne la più importante. Gli arcieri giapponesi (vedi arte del kyūjutsu) sono ancora fortemente associati con il dio della guerra Hachiman.

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L’arco veniva usato solitamente a piedi, dietro un tedate, un largo scudo di legno, ma poteva essere usato anche a cavallo. La pratica di tirare con l'arco da cavallo divenne una cerimonia shinto detta yabusame. Nelle battaglie contro gli invasori mongoli, questi archi furono l'arma decisiva, contrapposti agli archi più piccoli e alle balestre usate dai cinesi e dai mongoli.

Nel XV secolo anche la lancia (yari) divenne un'arma popolare. Lo yari tese a rimpiazzare la naginata allorquando l'eroismo individuale divenne meno importante sui campi di battaglia e le milizie furono maggiormente organizzate. Nelle mani dei fanti o ashigaru divenne più efficace di una katana, soprattutto nelle grosse cariche campali. Nella battaglia di Shizugatake, in cui Shibata Katsuie fu sconfitto da Toyotomi Hideyoshi, i cosiddetti "sette lancieri di Shizugatake" ebbero un ruolo cruciale nella vittoria.

Completavano il corredo i ventagli da guerra con i bordi affilati come coltelli, ma per diverse epoche della storia giapponese i samurai furono i soli a poter portare armi.

Il Seppuku

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Seppuku (切腹) è un termine giapponese che indica un rituale per il suicidio in uso tra i samurai. In Occidente viene usata più spesso la parola harakiri (腹切り). A volte in italiano viene erroneamente pronunciato come "karakiri", con pronuncia e scrittura errata dell'ideogramma hara.

Nello specifico seppuku e harakiri presentano alcune differenze, qui di seguito spiegate.

La traduzione letterale del termine seppuku è "taglio dello stomaco", mentre per harakiri è "taglio del ventre" e veniva eseguito secondo un rituale rigidamente codificato. Esso era un modo per espiare una colpa commessa o un mezzo per sfuggire a una morte disonorevole per mano dei nemici. Un elemento fondamentale per la comprensione di questo rituale è il seguente: si riteneva che il ventre fosse la sede dell'anima.Il significato simbolico di questo atto era dunque quello di mostrare agli astanti la propria anima priva di colpe in tutta la sua purezza. Ma anche l'estremo gesto di orgoglio e libertà di un samurai seguiva regole rigidamente codificate. Il sacrificio si doveva consumare davanti a testimoni utilizzando il pugnale (tantō) o la spada corta (wakizashi) ed eseguendo un taglio a "L", che partiva dall'ombelico e si allungava da sinistra a destra, e poi verso l'alto.

I piedi con le punte rivolte verso il basso garantivano che il moribondo seduto sulle ginocchia cadesse in avanti, coprendo lo scempio di sangue e budella. La presenza di testimoni e del kaishakunin, l'assistente incaricato di finire il ferito con un colpo di katana al collo, assicurava che la vittima non soffrisse ulteriormente (e non avesse ripensamenti).

Il kaishakunin era un fidato compagno del samurai che, previa promessa all'amico, lo decapitava appena egli si era inferto la ferita all'addome, per fare in modo che il dolore non gli sfigurasse il volto e preservandone l’onore.

Alcune volte praticato volontariamente per svariati motivi, durante il periodo Edo (1604–1867) divenne una condanna a morte che non comportava disonore. Infatti il condannato, vista la sua posizione nella casta militare, non veniva giustiziato, ma invitato o costretto a togliersi da solo la vita praticandosi con un pugnale una ferita profonda all'addome di una gravità tale da provocarne la morte.

La decapitazione (kaishaku) richiedeva eccezionale abilità e infatti il kaishakunin era l'amico più abile nel maneggio della spada. Un errore derivante da poca abilità o emozione avrebbe infatti causato notevoli ulteriori sofferenze. Proprio l'intervento del kaishakunin e la conseguente decapitazione costituiscono la differenza essenziale tra seppuku e harakiri. Infatti, sebbene le modalità di taglio del ventre siano analoghe, nell'harakiri non è prevista la decapitazione del suicida. Viene pertanto a mancare tutta la relativa parte del rituale, con conseguente minore solennità dell'evento.

Il più noto caso di seppuku collettivo è quello dei "quarantasette rōnin", celebrato nel dramma Chushingura, mentre il più recente è quello dello scrittore Yukio Mishima avvenuto nel 1970. In quest'ultimo caso, il kaishakunin Masakatsu Morita, in preda all'emozione, sbagliò ripetutamente il colpo di grazia, e ciò richiese l’intervento di Hiroyasu Koga, che decapitò lo scrittore.

Una delle descrizioni più accurate di un seppuku è quella contenuta nel libro Tales of Old Japan (1871) di Algernon Bertram Mitford, ripresa in seguito da Inazo Nitobe nel suo libro Bushido, L'anima del Giappone (1899).

Nel 1889, con l’introduzione della costituzione Meiji, venne abolito come forma di punizione ma casi di seppuku si ebbero al termine della seconda guerra mondiale tra gli ufficiali, spesso provenienti dalla casta dei samurai, che non accettarono la resa del Giappone.  Un caso celebre fu quello dell'anziano ex daimyō Nogi Maresuke che si suicidò nel 1912 alla notizia della morte dell'imperatore.

Con il nome di jigai, il seppuku era previsto, nella tradizione della casta dei samurai, anche per le donne. In questo caso il taglio non avveniva al ventre bensì alla gola, dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte durante l'agonia.

L'arma usata poteva essere il tantō (coltello), anche se più spesso, soprattutto sul campo di battaglia, la scelta ricadeva sul wakizashi, detto per questo "guardiano dell'onore".

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Il Bushidō

Il guerriero giapponese viveva e moriva secondo un rigido codice di comportamento, il bushidō (la via del guerriero), che regolava il rapporto unico e inscindibile tra il samurai e il suo daimyō. Alla base di questo codice c'era la fedeltà assoluta, una rigida definizione di onore e il sacrificio del bene del singolo in favore del benessere comune. È questa l'etica alla base delle azioni anche dei kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale e di cui si avvertono strascichi in alcune aziende nipponiche moderne.

Qualora un'offesa o una grave colpa avesse incrinato questo rapporto, c'era sempre una via per salvare l'onore: il seppuku o harakiri, il suicidio rituale.

I precetti dei samurai furono pesantemente influenzati dalle principali correnti spirituali e culturali giapponesi. Verso il 1000 era ancora lo shintoismo la principale fonte di ispirazione per i samurai, corrente che sottolineava la fedeltà all'imperatore, in un'epoca in cui essere samurai voleva dire essere un guerriero abile. Successivamente però concetti taoisti, buddisti e confuciani iniziarono a diffondersi e a sovrapporsi tra lori. In particolare ebbero grande fortuna, dopo il buddismo cinese, il buddismo zen e il buddismo esoterico. Quest'ultimo era praticato soprattutto nelle casate nobili più ricche e potenti, mentre il buddismo zen era praticato anche a livello di piccole scuole e fra i rōnin. In quest'epoca si diffusero molte scuole che associavano ai doveri del samurai l'obbligo di svolgere i propri compiti non solo al massimo delle proprie capacità, ma anche con grazia ed eleganza. Ciò voleva dire dimostrare attraverso il gesto la propria superiorità. Questa pratica che fu molto contestata nel XVI secolo, è rimasta in molte scuole di pensiero samurai.

I guerrieri del 900 erano divenuti, prima del 1300, raffinati poeti, mecenati, pittori, cultori delle arti, collezionisti di porcellane, codificando in molte opere di bushido (fino al Libro dei cinque anelli) una precisa necessità. Un samurai doveva infatti essere esperto in molte arti, non solo in quella della spada. La prima grande codificazione di questa svolta avvenne nello Heike Monogatari, opera letteraria più famosa del periodo Kamakura (1185-1249). Quest’opera attribuiva alla via del guerriero l'obbligo dell'equilibrio tra la forza militare e la potenza culturale. Gli eroi di questa epopea (la storia di una lotta tra due clan, i Taira e i Minamoto) e di altre che si ispirarono a questa negli anni immediatamente successivi, sono gentili, ben vestiti, molto attenti all'igiene, cortesi con il nemico nei momenti di tregua. Ma erano anche abili musicisti, competenti poeti, letterati talvolta particolarmente versati nella calligrafia o nella disposizione dei fiori. E ancora, era appassionati cultori del giardinaggio e spesso interessati alla letteratura cinese.

Inoltre, morendo, spesso mettevano in versi il proprio epitaffio.

Questa visione duplice dei compiti del samurai si affermò grandemente, fino a diventare egemonica. Hojo Nagauji (o Soun), signore di Odawara (1432-1519), uno dei più importanti samurai della sua epoca scrisse nei Ventuno precetti del samurai: "La via del guerriero deve sempre essere sia culturale, sia marziale. Non è necessario ricordare che l'antica legge stabilisce che le arti culturali dovrebbero essere rette con la sinistra e quelle marziali con la destra". In questo egli sottolineava una certa predominanza per le arti marziali, ma da questo insegnamento trassero spunto numerosi samurai che divennero famosi tanto come spadaccini, quanto, e più, come esperti della cerimonia del tè, o come artisti, attori di teatro Nō e poeti. Imagawa Royshun (1325-1420), grande commentatore dell'arte della guerra di Sun Tzu, nelle sue Norme si era spinto oltre, affermando che "Senza conoscere la via della cultura, non ti sarà possibile raggiungere la vittoria in quella marziale". Royshun aveva così creato un nuovo concetto di equilibrio tra cultura e guerra noto come bunbu ryodo ("non abbandonare mai le due vie").

Lo stesso Miyamoto Musashi, uno dei più grandi duellisti del XVII secolo, divenne nella seconda parte della sua vita uno dei più grandi pittori di quel periodo. Concordava con Takeda Shingen (1521-1573), forse il più brillante generale del XVI secolo, che affermava come la grandezza di un uomo dipendeva dalla pratica di numerose vie.

Questo atteggiamento ovviamente provocò tutta una serie di aspre critiche. In particolare si ricorda l'avversione di Kato Kiyomasa (1562-1611) per tutto ciò che non era marziale e la sua opinione, condivisa da molte scuole "estremamente marziali", era che un samurai dedito alla poesia sarebbe divenuto "effeminato", mentre un samurai che avesse praticato il mestiere dell'attore o si fosse interessato al teatro Nō avrebbe dovuto suicidarsi per il disonore che arrecava al suo nome. Correnti di pensiero "estremamente marziali" e di rifiuto degli aspetti culturali della figura del samurai si diffusero notevolmente nei secoli successivi. Questo fatto potrebbe sembrare paradossale per un'epoca di pace (la cosiddetta Pax Tokugawa) durante la quale in piccoli dojo non solo si accettava l'etichetta, ma anzi la si studiava a fond. Al contempo però si intendeva anche ritornare al significato originario dell'essere samurai, il guerriero impavido.

Le differenti fonti di ispirazione culturale a cui erano soggetti i samurai (scintoismo, scintoismo esoterico, taoismo, buddismo cinese, buddismo della terra pura, buddismo zen, buddismo esoterico, confucianesimo ufficiale cinese, confucianesimo dei glossatori giapponesi ed epica classica giapponese) crearono scuole di pensiero e di pratica molto differenti.I principi di vita seguiti erano talvolta contrapposti o, più spesso, semplicemente complementari, anche grazie alla grande attitudine al pragmatismo e al sincretismo della cultura giapponese.

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Simbolo di tutte le arti marziali. Nell'iconografia classica del guerriero il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita, ed era per questo venerato.I sakura, durante la fioritura, mostrano uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura. Ma è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.

Un antico verso ancora oggi ricordato è "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero" (花は桜木人は武士 hana wa sakuragi, hito wa bushi), ovvero "come il fiore del ciliegio è il migliore tra i fiori, così il guerriero è il migliore tra gli uomini".

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Japan History: Minamoto no Yoshitsune

Minamoto no Yoshitsune

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Minamoto no Yoshitsune (1159-1189) era il nono figlio di  Minamoto no Yoshitomo (1123-1160), ed il terzo figlio avuto con Tokiwa Gozen. Nome d'infanzia di Yoshitsune era Ushiwakamaru (牛若丸). Poco dopo la sua nascita, scoppiò la ribellione di Heiji, nella quale suo padre e i suoi due fratelli più grandi persero la vita. Mentre suo fratello maggiore Yoritomo, ormai erede designato del clan, fu esiliato nella provincia di Izu, Yoshitsune fu affidato al tempio di Kurama, sulle montagne di Hiei, vicino Kyoto. Fu infine preso in custodia da Fujiwara no Hidehira (藤原秀衡?), capo del potente ramo settentrionale del clan Fujiwara (Fujiwara del Nord), e portato a Hiraizumi, nella provincia di Mutsu.

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Nel maggio 1180, il figlio dell'imperatore Go-Shirakawa appoggiato dal clan Minamoto,  scrisse una dichiarazione per spingere i Minamoto a sollevarsi contro i Taira. Il contesto è quello della guerra Genpei (1180–1185) che vide contrapposti i clan Taira e Minamoto sulla scelta dell'imperatore da porre sul trono e così assicurarsi il controllo del Paese. La battaglia di Uji fu l'inizio di una guerra che durò 5 anni, e durante la quale Yoshitsune e Yoritomo si riunirono dopo la loro separazione avvenuta nel 1160.

Nel 1184 Yoshitsune andò contro suo cugino Yoshinaka. Quest’ultimo aveva preso il controllo dei Minamoto dopo aver sconfitto i Taira nel Giugno del 1183. A quel punto, Yoritomo mandò contro Yoshinaka suo fratello Yoshitsune che nello stesso anno ottenne la carica di Sô-daisho (generale dell'armata). Le truppe di Yoshinaka furono sconfitte e non appena lo stesso lo venne a sapere, abbandonò Kyoto insieme a Tomoe Gozen, unico esempio di samurai donna.  Fu poi messo alle strette a Awazu e costretto a suicidarsi.

Senza più Yoshinaka, Yoritomo ottenne il supporto di Go-Shirakawa per continuare la guerra contro i Taira. Il 13 marzo Yoshitsune si  spostò a Settsu, ed il suo primo obiettivo fu una fortificazione dei Taira, Ichi no tani.

Yoshitsune guidò in battaglia 10.000 uomini attaccando da Ovest, mentre 50.000 uomini guidati da Noriyori, fratello di Yoshitomo,  attaccavano da est. Il 18 Marzo Yoshitsune arrivò a  Mikusayama, attaccando di notte. Secondo lo Heike Monogatari i difensori rimasti vivi scapparono verso la costa rifugiandosi poi nello Shikoku, lasciando 500 morti. Allora Yoshitsune mandò 7000 uomini guidati da Doi Sanehira dal lato ovest verso Ichi no tani, mentre lui stesso ne guidava altri 3000 dalla cima delle scogliere. I Minamoto vinsero sui Taira, e la loro vittoria fece spazio ad un altro assalto a Yashima, il quartier generale dei Taira nello Shikoku. Yoritomo decise per un approccio cauto. I sei mesi successivi furono spesi a consolidare i guadagni già ottenuti e per mettere in ordine le numerose famiglie che avevano finora sostenuto i Minamoto.

Dopo Ichi no tani, Yoshitsune e Noriyori tornarono a Kyoto mostrando per le strade le teste dei Taira. Nell'ottobre successivo Noriyori fu mandato a distruggere i sostenitori dei Taira nel Kyushu e iniziò una lunga e faticosa marcia attraverso le province occidentali. Yoshitsune rimase a Kyoto e agì come il vice di Yoritomo fino ai primi del 1185. Ufficialmente, Yoshitsune era responsabile di emanare decreti che ordinavano la cessazione di qualsiasi violenza all'interno del territorio dei Minamoto. In pratica, le sue direttive riguardavano altri temi, tra cui la proibizione di  tasse di guerra senza il consenso espresso della leadership dei Minamoto.

Durante il periodo di Yoshitsune a Kyoto ci furono i primi segni della rottura con Yoritomo. Sembra infatti che quest'ultimo avesse negato a Yoshitsune i titoli imperiali che la corte voleva concedergli, e che si infuriò quando nonostante il suo diniego gli vennero comunque riconosciuti.

Nel Marzo 1185, con Noriyori pronto ad invadere il Kyushu, Yoshitsune fu autorizzato al rientro in guerra. Volendo assaltare Yashima, assemblò una flotta a Watanabe. Durante i preparativi  litigò con Kajiwara Kagetoki, uno dei servitori di suo fratello maggiore, riguardo la strategia da adottare, ma nella notte del 22 Marzo Yoshitsune  ordinò ai suoi uomini di salpare. Siccome il tempo era brutto, molti uomini rifiutarono di salire sulle navi, ma lo fecero nel momento in cui Yoshitsune minacciò di uccidere chiunque avesse disobbedito ai suoi ordini. Nonostante questo, non tutte le navi lo seguirono.

Yoshitsune arrivò all'alba nello Shukoku, per poi partire per Yashima. La base dei Taira era situata sulla spiaggia e Taira Munemori, accortosi dei fuochi che gli uomini di Yoshitsune avevano acceso nelle vicinanze, ordinò l'immediata evacuazione della fortezza. Lui stesso scappò in nave con Antoku, l’imperatore bambino protetto dai Taira .  Nonostante tutto, il clan Taira fu completamente sradicato in quella che viene ricordata come la battaglia di Dan-no-ura, una delle più importanti della storia giapponese.

Dopo la vittoria, nel 1192 a Yoritomo fu dato il il titolo di Shogun. Ma in quell’anno Yoshitsune era ormai già morto perchè Dan-no-ura segnò non solo la consacrazione della sua fama e abilità, ma anche la sua tragica fine.

Da tempo infatti i rapporti con il fratello erano turbolenti. E probabilmente anche la gelosia per l'abilità dimostrata fino ad allora da Yoshitsune ebbe un ruolo nella scelta di Yoritomo di dichiarare il fratello una minaccia per i Minamoto e per l'Impero stesso.

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Dopo aver tentato di opporsi a Yoritomo, Yoshitsune fu costretto a trovare rifugio a Mutsu, dove si trovava il suo vecchio guardiano Fujiwara Hidehira. Hideara però morì nel Novembre 1187 lasciando come sua ultima volontà una dichiarazione in cui si affermava che Yoshitsune sarebbe dovuto diventare governatore di Mutsu. Un desiderio che il figlio di Hidehira, Yasuhira, ignorò completamente.  Scoppiò un inevitabile conflitto con i Fujiwara e le autorità di Kamakura scoprirono dove Yoshitsune si rifugiava.

Benkei, servitore e fedele compagno di Yoshitsune, fece in modo di trattenere i loro assalitori, dandogli così il tempo di uccidere la sua giovane moglie e commettere suicidio. La testa di Yoshitsune fu trasportata a Kamakura, creando una forte emozione in chi la vide.

Venne sepolto nel tempio shintoista di Shirahata Jinja, a Fujisawa, dove la sua salma è tuttora custodita.

Miti e leggende

Nonostante tutto, le notizie riguardanti la morte di Yoshitsune sono sempre state un po' elusive.  Secondo l'Ainu historical accounts, non fece seppuku, scappò a Koromogawa, assumendo il nome di Okikurumi/Oinakamui.

A Hokkaido, il tempio di Yoshitsune è eretto in suo onore nella città di Biratori. Alcune teorie lo vedono scappare da Hokkaido e risorgere come Genghis Khan. Ma ovviamente si tratta solo di leggende

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Un grande soldato ed una figura classica tragica, Yoshitsune divenne una leggenda ben prima della sua morte.  Kujô Kanezane, un supporter di Yoritomo, ha scritto sul suo diario nel 1185,

"Yoshitsune ha lasciato grandi successi; su questo non c'è niente da dire. In coraggio, benevolenza, e giustizia, lascerà una grande eredità ai posteri. In questo può essere solo lodato ed ammirato. L'unica cosa è che ha deciso di andare contro Yoritomo. Questo è un crimine da traditore."

Il modo in cui Yoshitsune morì, gli assicurò un posto d'onore nel futuro, mentre il ricordo di Yoritomo porterà per sempre una macchia nera. Cosa accadde in quell'estate del 1185 sarà sempre un mistero. E’ certo però che i successi di Yoshitsune nella guerra Genpei hanno cambiato il corso della storia giapponese e gli ha assicurato il posto tra i più grandi Samurai.

La vita di Yoshitsune nella letteratura e nell’era moderna

La vita di Yoshitsune, nonostante il suo eccezionale talento militare, finì con una morte cruenta, che attira la compassione di molti. Nella lingua giapponese l'espressione Hougan'biiki (判官贔屓), che vuol dire "compatire o accogliere nelle proprie grazie un debole", contiene il nome postumo di Yoshitsune, Hougan (判官) appunto. Questo nome gli spettava grazie al rango affidatogli dall'imperatore Go Shirakawa, infatti un'altra pronuncia degli ideogrammi di Hougan è Hangan, che significa "magistrato". Inoltre, la vita di Yoshitsune è considerata eroica al punto da essere narrata. Le leggende e i racconti con questo tema si sono moltiplicate col tempo, delineando così una figura di Yoshitsune piuttosto lontana da quella storica. Tra le varie leggende è famosa quella del suo incontro a Oobashi con il fortissimo Musashi. O quella in cui, grazie all'aiuto della figlia dello stregone Kiichi Hogen, riuscì a rubare i due leggendari volumi di tattiche belliche Rikuto e Sanryaku, e a studiarli. O ancora quella dell'improvvisa morte in piedi di Benkei, monaco guerriero, fedelissimo servitore e amico di Yoshitsune, nella battaglia del fiume Koromogawa. Queste leggende sono state rese famose presso un vasto pubblico circa duecento anni dopo la morte di Yoshitsune, all'inizio dell'era Muromachi, grazie alle "Cronache di Yoshitsune". Yoshitsune infatti compare come protagonista nella terza sezione dell'Heike Monotogari, il classico della letteratura giapponese che racconta degli eventi della guerra Genpei e che ispirò molte opere posteriori, soprattutto di teatro Nō e Kabuki. In particolare, si narra che l'aver studiato il "Libro della Tigre", contenuto nel Rikuto, sia stato la causa della sua vittoria a Sunaga, e che da quel momento, esso si sia rivelato indispensabile per le vittorie seguenti. In epoche successive, il nome di Yoshitsune venne utilizzato per consacrare la gloria di una discendenza. Ad esempio, esiste una scuola di arti marziali che avrebbe ereditato delle tecniche da Yoshitsune stesso o da quello che viene ritenuto il suo maestro, Kiichi Hogen.

MOON SAGA e MOON SAGA 2

La figura di Yoshitsune è stata ripresa anche dal cantante e attore giapponese GACKT nelle rappresentazioni teatrali MOON SAGA  e MOON SAGA 2. Lui stesso interpreta Yoshitsune descrivendolo come un mononofu, ovvero un essere metà umano metà demone. GACKT, con le sue eccezionali capacità interpretative,  è riuscito perfettamente ad interpretare questa dualità, dando vita nella prima parte ad un personaggio ironico, divertente ed anche un po’ impacciato che nella seconda parte diventa demoniaco, spaventoso. Le avventure di Yoshitsune sono, in questo caso, romanzate e rese anche un po' sovrannaturali, ma raccontano comunque la sua storia, perchè Yoshitsune era così. Una dualità, un personaggio pieno di contrasti in cui la benevolenza si alternava con la crudeltà. Yoshitsune perdeva, probabilmente, completamente il controllo quando si sentiva in pericolo e per questo faceva uscire il suo lato "demone".

MOON SAGA 2 è stata anche la prima rappresentazione teatrale al mondo ad usare il projection mapping.

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Japan History: Maeda Keiji

Maeda Keiji

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Maeda Toshimasu, (1543-1612) conosciuto come Maeda Keiji o Keijiro, era un Samurai Giapponese del periodo Sengoku (1467-1568).

Nato a Nagoya, era figlio di Takigawa Kazumasu, adottato poi da Maeda Toshihisa fratello di Maeda Toshiie. Servì sotto Oda Nobunaga assieme a suo zio, e inizialmente doveva essere lui l’erede del clan Maeda. Nobunaga spostò però il diritto di successione da Toshihisa a Toshiie, e Toshimasu perse la sua posizione. A quel punto, cominciarono i dissapori tra lui lo zio Toshiie, si dice infatti che litigassero spesso.

Nel 1581 si fece una reputazione sotto il comando dello zio in un conflitto nella Provincia di Noto. Mentre, durante la Battaglia di Komaki-Nagakute, tre anni dopo, Toshimasu andò a salvare Sassa Narimasa quando fu attaccato al Castello di Suemori.

A Kyoto incontrò Naoe Kanetsugu il karō (samurai e consiglieri di alto livello al servizio dei daimyō) di Uesugi Kagekatsu. I due divennerò molto amici e Toshimasu si unì al clan Uesugi nell’invasione di Aizu. L’invasione ebbe esito negativo, e Keiji guidò la retroguardia durante la ritirata. Nella battaglia riuscì comunque a dare una splendida dimostrazione di forza cavalcando sul suo inseparabile cavallo Matsukaze, ‘vento tra i pini’, mentre brandiva la sua lancia. Grazie a Keiji, le forze di Uesugi furono in grado di ritirarsi intatte, mentre il samurai ritornò alla capitale dedicandosi all’arte e alla letteratura.

Fu successivamente cacciato dalla campagna di Kyushu di Toyotomi Hideyoshi per i suoi modi selvaggi. Quando però Tokugawa Ieyasu sfidò nuovamente gli Uesugi nel 1600, Keiji lottò ancora con loro.

Nella battaglia contro i Mogami la leggenda narra che riuscì a rompere le linee nemiche con solo otto cavalieri, e a distruggere la loro formazione.

Dopo che il clan Uesugi si fu ritirato nel dominio di Yonezawa, Toshimasu rimase con loro.

Secondo la leggenda, alla morte di Keiji il suo cavallo Matsukage, che condivideva con il padrone la stessa personalità indomabile, scappò via per non essere mai più ritrovato. Era un esemplare magnifico che nessuno a parte Keiji era stato in grado di domare, e tanto possente da sopportare il peso del padrone che si diceva fosse imponente.

E’ invece ancora possibile vedere l’armatura di Keiji al Museo Miyasaka.

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Keiji il Magnifico - Hana no Keiji

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Il personaggio di Keiji Maeda fu così caratteristico e così eccentrico da essere scelto come protagonista di una serie di manga, Keiji il Magnifico (花の慶次 - Hana no Keiji). L’opera è raccontata da Keichiro Ryu e disegnata da Tetsuo Hara, meglio conosciuto come il disegnatore di Ken il guerriero.

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Il manga racconta le avventure del più grande kabukimono mai esistito in Giappone. Il kabukimono è una persona eccentrica che ama distinguersi dagli altri nel modo di comportarsi e nell'aspetto, col fine ultimo di imporre la propria volontà sugli altri.

Keiji è figlio di Takigawa Masuuji e di una delle sue concubine. All'epoca la famiglia Maeda era in rapporti di vassallaggio con i Takigawa e durante un ricevimento Maeda Toshihisa incontra la ragazza e chiede ai Takigawa il permesso di sposarla. La prima notte di nozze la sposa confessa di essere già incinta del suo precedente signore. Ma invece di ucciderla (consuetudine in un'epoca in cui l'onore e il sangue nobile erano fondamentali) Toshihisa adotta il bambino. Così, alla sua nascita Keiji (il cui nome completo è Keijiro Toshimasu Maeda) diventa ufficialmente figlio di Toshihisa e quindi nipote di Maeda Toshiie, uno dei più ricchi feudatari giapponesi dell'epoca Sengoku. In questo periodo si svolgono grandi battaglie per decidere chi dominerà il Giappone dopo Oda Nobunaga. Keiji, cresciuto sui campi di battaglia e dotato di grande forza, partecipa a molti di questi eventi.

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Il suo è un personaggio dai forti senso dell'onore e personalità, e segue il principio base dell'essere kabukimono fino in fondo. Pertanto, Keiji cerca di imporre sempre la propria volontà, consapevole che ciò significa essere liberi non solo di agire a proprio piacimento, ma anche di essere uccisi "come un cane".

In eterna lotta con lo zio, che più volte cerca di farlo uccidere, Keiji rimane nel clan e quindi sotto l'autorità dello zio stesso solo fino alla morte di Toshihisa. Poi inizierà a comportarsi in modo tale da venir cacciato dal clan. Ciò salverà l'onore del clan stesso, in quanto un samurai che abbandona volontariamente il proprio padrone lo disonora.

I personaggi

Vari personaggi di finzione accompagnano Keiji nei suoi viaggi e avventure.

Nel primo capitolo del manga Keiji incontra e si lega al cavallo "diabolico" Matsukase, (copia di Re Nero, il cavallo di Raoul - Ken il guerriero) . E’ un animale più grande del consueto e pertanto capace di sopportare il peso di Keiji, ma che nessun altro riesce a cavalcare. Da allora i due sono inseparabili.

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Per un certo periodo Keiji è accompagnato dalla piccola Ofu. Incontra la ragazzina quando si trova a confrontarsi con un esperto di arti marziali di nome Gankibo. Ofu lo deve seguire portando sulla testa un secchio in cui raccoglie le orecchie dei nemici morti. Gli spiriti dei caduti la tormentano e quando Keiji sconfigge Gankibo libera Ofu dal suo compito, dando anche pace agli spiriti. Ofu in realtà ha 14 o 15 anni, ma sembra una bambina perché ha deciso di non crescere.

Il piccolo shinobi Sutemaru è il primo vassallo che si mette al servizio di Keiji. All'inizio Sutemaru fa parte della truppa di ninja di Kaga, al servizio di Maeda Toshiie, e vuole uccidere Keiji e Matsukase (il cavallo che ha travolto e ucciso suo fratello). Presto tuttavia Sutemaru decide di abbandonare la truppa dei ninja e di rimanere con Keiji, che serve fedelmente nella speranza, di riuscire a ucciderlo. Sutemaru combatte con armi da taglio, kunai e esplosivi, oltre a fare spesso da esploratore per Keiji. Peculiari del personaggio sono il fatto di canticchiare sempre quando combatte e di non riuscire a mentire perché ogni volta gli occhi gli diventano strabici.

L'ultimo personaggio importante è Lisa, una giovane donna bellissima e dai capelli biondi. Suo padre Yoshiro è figlio di Sen no Rikyu e di una donna occidentale, portata come schiava su una nave pirata europea che si scontrerà con i mercanti di Sakai. Yoshiro conoscerà Keiji e gli mostrerà un ritratto di sua figlia. Il kabukimono si innamorerà perdutamente della ragazza, contesa però anche dal pirata spagnolo Carlos e dal re di Ryukyu (oggi Okinawa, isola principale dell'arcipelago Ryukyu).

Invece tra i personaggi storici incontrati da Keiji vi sono sicuramente suo zio Toshiie Maeda (noto anche come Mataza il lanciere), il kanpaku (reggente dell'Imperatore) Hideyoshi Toyotomi, e Tokugawa Ieyasu suo successore; ma anche Nobunaga Oda, ex padrone di Hideyoshi e Ieyasu, e Hattori Hanzo, capo dei ninja di Iga al servizio di Ieyasu; incontrerà anche il già citato maestro di cerimonie Sen no Rikyu, e il comandante militare della regione Yamashiro (dove si trovava la capitale del tempo, Kyoto) Kanetsugu Naoe; e ancora, il signore di Kanetsugu, Kagekatsu Uesugi, nipote e successore del noto daimyo Uesugi Kenshin; Mitsunari Ishida, favorito di Hideyoshi e cugino di Kanetsugu Naoe, e Date Masamune, daimyo delle terre settentrionali del Paese.

Dopo la battaglia di Sekigahara, nella quale Mitsunari Ishida e Ieyasu Tokugawa si giocano il controllo del paese, Keiji si trova dalla parte perdente. In realtà si è schierato e registrato come vassallo di Kanetsugu Naoe per aiutare il clan Uesugi. Ieyasu aveva provocato gli Uesugi per cercare una guerra al solo scopo di far muovere Mitsunari e farlo scoprire. Keiji decide quindi di incontrare Ieyasu come ambasciatore degli Uesugi. Si rade a zero i lunghi capelli come un bonzo e rinuncia al compenso cui ha diritto come samurai del clan. Fatta la pace, si tiene fuori dalla scena finché Kanetsugu non gli chiede di andare con lui nel suo feudo, proposta che Keiji accetta. La mattina successiva, regala il denaro rimastogli e mette in piedi una festa improvvisata. I balloon ci raccontano che si trasferirà con Lisa presso il clan Naoe e smetterà di essere un kabukimono.

Morirà circa 12 anni dopo, sotto il regno di Tadakatsu Uesugi, erede di Kagekatsu.

Photo Credit:truyentranhpro.com

Sengoku Basara

Sengoku Basara (戦国BASARA) è un anime diviso in due serie, tratto dal videogioco Devil Kings della Capcom, e composta ciascuna da tredici episodi. Dal videogioco è stato tratto anche un manga diviso in tre volumi denominato Sengoku Basara Ranse Renbu. Creato da Kairi Shimonotsuki e pubblicato dalla casa editrice Udon Entertainment, il manga è pubblicato in Italia dalla J-Pop. Le due stagioni dell'anime sono state invece acquistate da Yamato Video che lo ha annunciato via Facebook, e fa parte del "Secret Project" dell'editore milanese. La serie è in fase di trasmissione sul nuovo canale youtube della Yamato a partire dal 30 ottobre 2013.

Il 4 giugno 2011 in Giappone è uscito il lungometraggio cinematografico intitolato Sengoku Basara: The Last Party.

L’anno successivo è andato invece in onda un adattamento live action dal titolo Sengoku Basara : Moonlight party, trasmesso dal 12 luglio al 20 settembre 2012.

Due anni dopo, nel 2014, è stata poi trasmessa la terza serie televisiva: Sengoku Basara: Judge End, ispirata alle vicende del capitolo Sengoku Basara: Samurai Heroes del videogame.

Personalmente credo che il personaggio di Keiji sia molto interessante e soprattutto che abbia bisogno di essere conosciuto più approfonditamente. Il suo carattere si distingue dagli altri, riesce ad andare contro la serietà che caratterizzava il personaggio del Samurai. Lo sento molto vicino come anima instabile ed eccentrica, sempre alla ricerca di qualcosa che non riesce ad ottenere, ma che probabilmente ha già in mano. Il suo rompere gli schemi, tanto da renderlo in grado di fare scherzi ai suoi parenti, di fregarsene dell’etichetta e del suo essere. Ma anche il suo sentirsi un bambino in un corpo troppo grande, soprattutto per l’epoca, e il suo essere diverso, lo rende una persona da conoscere e da amare.

Photo credit: www.Tumbr.com

Il suo amore per Lisa, è poi stata una delle prime volte in cui si è affrontato il rapporto oriente-occidente. Un Samurai che si innamora di un’Europea era all’epoca una sorta di scandalo ed assolutamente qualcosa di inusuale. Bellissima storia tra i due, che continua a far parlare e ad essere fonte di ispirazione per fumetti e videogames.

“Ognuno è debole e fa affidamento sugli altri. Mentre ci tendiamo l’uno verso l’altro, mentre diventiamo amici o combattiamo, il legame che creiamo da forma al nostro futuro. “

Keiji Maeda - Sengoku BASARA

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Japan History: Uesugi Kenshin

Uesugi Kenshin

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Uesugi Kenshin( 上杉 謙信), Il drago di Echigo, condottiero e abile stratega, saggio amministratore e uomo d’onore. Sono molti i nomi da lui usati nel corso della sua intensa vita, molte le battaglie e i nemici affrontati. Fra tutti Takeda Shingen e il famoso Oda Nobunaga che si dice esultò alla sua morte, tale era la sua fama e la sua abilità, ed è di lui vogliamo parlarvi.

Uesugi Kenshin nacque come Nagao Kagetora (長尾景虎) il 18 Febbraio 1530 e morì il 19 Aprile 1578. Cambiò il suo nome in Uesugi Masatora ereditando il nome della famiglia Uesugi nel momento in cui diventò Kantō kanrei (vice-shōgun della regione del Kantō). In onore dello shōgum Ashigaka Yoshiteru cambio ancora una volta il suo nome in Uesugi Terutora,per poi arrivare al nome che tutti conosciamo, cambiandolo quindi per l'ultima volta, in Kenshin. Ciò avvenne nel momento in cui diventò un monaco buddhista, fedele a Bishamonten, dio della guerra .
Kenshin era chiamato anche "Il drago di Echigo", perché era incredibilmente abile nelle arti marziali mentre il suo nemico Takeda Shingen era invece chiamato "La tigre di Kai". E infatti nella mitologia cinese il dragone e la tigre sono sempre stati visti come nemici, ma nessuno dei due riusciva mai ad avere la meglio sull'altro.

Primi Anni

Kenshin era il quarto figlio del grande guerriero Nagao Tamekage del clan Nagao. Suo padre era considerato grande signore della guerra grazie ad alcune vittorie contro Uesugi Sadanori e Uesugi Funayoshi. Tamekage entrò però in conflitto con il suo vicino Ikkō-ikki di Hokuriku, perché il potere nella regione aveva iniziato a spostarsi verso Ikkō. La situazione di Echigo peggiorò velocemente fino a quando il padre di Kenshin cominciò a marciare verso ovest nel 1536. Ma giunto in Etchu, le sue truppe furono attaccate da quelle di Enami Kazuyori e Tamekage stesso fu ucciso.
A quel punto, il primogenito di Tamekage, Nagao Harukage, prese il controllo dei Nagao dopo uno scontro con il fratello Kageyasu che, a causa del conflitto, morì. Kagetora (Kenshin) fu trasferito al tempio di Rizen, dove si dedicò allo studio. Fino all'età di 14 anni, quando fu contattato da Usami Sadamitsu e da alcuni conoscenti di suo padre. Volevano farlo tornare ad Echigo per combattere contro il fratello maggiore. Harukage infatti non era stato in grado di controllare le potenti famiglie kokujin e questo aveva provocato l'allontanamento delle province con Echigo.
Nonostante Kagetora non volesse scontrarsi col fratello, alla fine si convinse credendo che fosse una cosa necessarie per Echigo. In uno degli scontri, nel 1547, riuscì infine ad avere il controllo del clan da Harukage. Non si sa a quel punto il fratello maggiore che fine abbia fatto, non si sa se gli fu ordinato il suicidio o meno.

Kenshin a aveva ora il controllo del clan Nagao, ma molti territori erano ancora indipendenti, per questo decise di aumentare il suo potere in tutta la regione. Ogasawara Nagatoki e Murakami Yoshikiyo, due signori di Shinano, chiesero l’intervento di Kenshin contro l'avanzata del potente signore della guerra Takeda Shingen. Kenshin era diventato il nuovo signore di Echigo e Shingen con le sue vittorie nella provincia di Shinano aveva allargato i confini del suo dominio fino al confine con Echigo. A questo punto Kenshin decise di scendere sul campo di battaglia.

Uesugi e Takeda

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Questo fu l'inizio di un conflitto leggendario, iniziato con piccole lotte, fino ad un un totale di 5 battaglie alla famosa piana di Kawanakajima.
Nel 1561, nella quarta battaglia, la più devastate, Kenshin uso una tattica ingegnosa. Era una tattica speciale in cui chi era in prima linea poteva scambiarsi con le retrovie in momenti di stanchezza per riprendersi. Così facendo nelle prime file potevano esserci sempre e solo soldati riposati e sani. Grazie a questa tattica, Kenshin fu sul punto di vincere più volte e si dice che addirittura cavalco col suo cavallo bianco verso il nemico colpendolo con la spada. Shingen parò il colpo grazie al suo ventaglio da guerra di ferro.
Quindi Kenshin non riuscì a sconfiggere una volta per tutte Shingen che riuscì ad organizzare un contrattacco.
L'esercito di Kenshin si ritirò. Non si sa come sia finita la battaglia, non è chiaro se fu Kenshin o Shingen a vincere. Una cosa è certa, entrambi persero moltissimi soldati. Kenshin perse 3000 Samurai e Shingen 4000, tra cui anche il suo fratello più giovane, Takeda Nobushige.

Sebbene Kenshin e Shingen furono rivali per più di 14 anni si scambiarono molte volte dei doni: il regalo più famoso fu una preziosissima spada donata da Shingen a Kenshin. Shingen morì nel 1573. Si dice che Kenshin pianse per la perdita del suo avversario e fece voto di non attaccare mai più le terre dei Takeda. Le due parti divennero alleate in 3 anni. C’era stato anche un incidente in cui un certo numero di daimyo aveva boicottato gli approvvigionamenti di sale per la provincia di Kai. Kenshin era venuto anche a conoscenza del problema di Shingen con un daimyo del clan Hojo, il quale si era rifiutato di inviargli del riso. Kenshin segretamente inviò del sale ai Takeda e scrisse al suo nemico, Shingen, che secondo lui il daimyo degli Hojo aveva commesso un'azione ostile. Anche se avrebbe potuto tagliarne i rifornimenti e quindi sconfiggere Shingen, Kenshin decise di non farlo perché sarebbe stato un atto disonorevole. A tal proposito, Kenshin dichiarò: "Le guerre sono vinte dalle spade e dalle lance, non dal riso e dal sale". Trattando così il suo rivale, impostò un nobile esempio valido per tutti i tempi. I fautori della pace utilizzano la dichiarazione di Kenshin, riferendosi a tale dichiarazione in questo modo: "La pace si fa con il riso e con il sale, non con le spade e con le lance".

Kenshin e Oda Nobunaga

「四十九年 一睡の夢 一期の栄華 一盃の酒」
« Questi 49 anni della mia vita sono passati come un sogno nella notte. Una esistenza piena di gloria e prosperità non è altro che una singola coppa piena di sake. »

Parte della poesia di morte di Kenshin.

A partire dall'anno 1576, Kenshin cominciò a esaminare la questione di Oda Nobunaga. Egli infatti nel frattempo era cresciuto fino a diventare il signore della guerra più potente del Giappone del momento. Con entrambe le morti di Shingen Takeda e Hōjō Ujiyasu, Kenshin non aveva più ostruita la strada per l'espansione del suo dominio. Quando la morte di un daimyō del clan Hatakeyama della provincia di Noto provocò confusione e conflitto nella zona per la successione, Kenshin colse subito l'opportunità. La conquista delle terre del clan indebolito lo mise in grado di minacciare Nobunaga e suoi alleati. In risposta, Nobunaga mise insieme le proprie forze e quelle dei suoi due migliori generali: Shibata Katsuie e Maeda Toshiie per scontrarsi con Kenshin nella battaglia di Tedorigawa. L'esperto Shibata Katsuie, che aveva servito Nobunaga fin dall'inizio, fu mandato per verificare la famosa reputazione in battaglia di Kenshin. Secondo alcune fonti, Shibata portò 18.000 uomini in battaglia da un lato, seguito da Nobunaga stesso con 20.000 uomini di rinforzi. Se queste informazioni fossero esatte, la battaglia combattuta da questi sarebbe la più grande combattuta nel periodo Sengoku.
Nonostante i numeri travolgenti di Nobunaga, Kenshin riuscì a compiere una solida vittoria sul campo. In un primo momento, Kenshin rifiutò di ingaggiare l'esercito di Nobunaga, fino a quando una pioggia torrenziale neutralizzò le unità di fanteria di Nobunaga stesso. Costretto ad una ritirata precipitosa, Shibata si riunì alla forza principale di Nobunaga.
Successivamente Kenshin riprese una tattica del suo vecchio rivale Takeda Shingen. Finse di mandare avanti una piccola unità per attaccare l'esercito di Nobunaga da dietro, dando al suo nemico una grande occasione per schiacciare la piccola forza rimasta. Nobunaga abboccò all'amo. L'esercito di Nobunaga attaccò di notte aspettandosi un avversario indebolito; invece il grosso dell'esercito di Kenshin era in attesa. Dopo aver perso quasi un quarto della sua forza, Nobunaga si ritirò verso la provincia di Omi. Kenshin si accontentò di costruire una qualche fortezza nella provincia di Kaga prima di ritornare indietro a Echigo. Nell'inverno tra il 1577-1578, Uesugi Kenshin mise in campo un grande esercito per continuare i suoi attacchi in terra di Nobunaga. Tuttavia, è risaputo che la sua salute fosse pessima in questo periodo, e il 9 aprile (secondo il calendario dell’epoca Tenshō ) peggiorò. Morì quattro giorni dopo.

La morte di Uesugi Kenshin

La causa della morte di Kenshin è stato oggetto di interrogativi nel corso degli anni. La teoria accettata dalla maggior parte degli studiosi giapponesi è che una vita da alcolizzato e forse il cancro allo stomaco hanno segnato la fine per il grande signore della guerra.
Altre fonti sostengono che fu assassinato da un ninja, che aveva atteso nella piscina sotto la latrina al campo di Kenshin con una lancia corta. Si noti che le teorie non si escludono a vicenda - l'assassino, se è esistito, potrebbe semplicemente avere ferito a morte un uomo già morente. Si dice che dopo aver sentito della morte di Kenshin, Oda Nobunaga abbia detto: "Ora l'impero è mio."

La morte di Kenshin fu disastroso per il clan. Kenshin non aveva mai avuto figli, ma aveva adottato due ragazzi affinché divenissero suoi eredi. Dopo aver saputo della morte del padre, i due entrarono subito in conflitto per il potere. Lo scontro si concluse con la vittoria di Uesugi Kagekatsu sul fratello Kagetora divenendo così il nuovo capo clan. Tuttavia, il conflitto interno aveva avuto enormi costi sia in materiali che in energie. Oda Nobunaga non ebbe problemi a conquistare velocemente molti dei territori degli Uesugi.
La distruzione del clan non era mai stata così vicina e solo la morte di Nobunaga stesso rimescolo nuovamente gli equilibri di potere in Giappone.

Curiosità

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La figura storica di Uesugi Kenshin e la sua fama non sono mai state dimenticate.
Il cantante visual kei GACKT ne ha interpretato il personaggio nella serie televisiva Fuurin Kazan, andata in onda dal 7 Gennaio al 16 Dicembre 2007.

A fine agosto (Il quarto sabato e domenica del mese) si tiene a Jōetsu, nella prefettura di Niigata, un festival in onore del grande guerriero, con la rievocazione della famosa battaglia di Kawanakajima. Nel periodo Sengoku infatti Jōetsu con il suo castello di Kasugayama erano il cuore del clan Uesugi.
E lo stesso GACKT ha più volte ripreso i panni di Uesughi Kenshin durante il festival, riscuotendo un grande successo.

La scrittrice Shino Ayako, che ha scritto il libro intitolato proprio "Kenshin donna" , aveva coltivato dubbi sulla sessualità di Kenshin. Ci sono varie voci ad alimentare la credenza che Uesugi Kenshin fosse una donna.

(1) Nella sua vita, non ha avuto nessuna moglie conosciuta (e neanche concubine) ne ebbe figli naturali. Si dice inoltre che alla compagnia di belle donne preferisse quella maschile. L'omosessualità potrebbe essere una spiegazione plausibile, in quanto all'epoca era una pratica normale nella classe samurai.
(2)Alcuni sostengono che la causa della morte possa essere stata “Omushi”, una malattia documentata come legata alla menopausa.
(3) Si dice che una volta al mese si confinasse nel castello.
(4) In riferimento alla sua armatura, era piccolo di statura alto circa 156 cm.
(5) Preferiva indossare vestiti che avevano colori femminili

Non ci sono prove a sostegno di queste voci, ma di sicuro queste si susseguirono ancora oggi, a testimonianza del fatto che la figura di Uesugi Kenshin ha lasciato un segno indelebile nella storia del Giappone.

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Japanese Tradition: Oiran

Oiran

Cortigiane che dettavano moda.

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Nell’antico Giappone le “donne di piacere” erano le Yūjo (遊女). Questo termine ne indicava il mestiere e marcava la differenza tra le prostitute comuni e le cortigiane ovvero le Oiran  (花魁).  La figura che vedremmo nel seguente articolo è proprio quella delle Oiran.

Il termine deriva dalla frase ‘oira no tokoro no nēsan’ (おいらの所の姉さん) ovvero “Mia sorella maggiore”.  La traduzione del nome potrebbe però anche essere “Il fiore che primeggia” scritto con i kanji: 花 (Hana) “fiore” e  魁(Sakikage) “leader”.  Questo temine fu coniato per le prostitute di alto rango del distretto a luci rosse di Yoshiwara (吉原) a Edo, l’odierna Tokyo. Venne usato successivamente per indicare le cortigiane.

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Le Oiran svolsero la loro attività nel periodo Edo, nei Yūkaku quartieri del piacere (da non confondere con le Hanamachi dove vivevano solo le Geisha). Questi quartieri venivano costruiti fuori dal centro città di Kyoto, Osaka e Edo, unici luoghi dove la prostituzione non era illegale. Al contrario delle Yūjo che vendevano i propri favori sessuali, le Oiran intrattenevano il cliente non solo con il corpo ma anche con le loro abilità. Queste comprendevano il Sadō o cerimonia del Tè, l’Ikebana, l’arte dei fiori, suonare vari strumenti, leggere e avere un’ottima cultura generale.  Infatti dovevano essere in grado di intrattenere il cliente anche  sostenendo con lui una brillante conversazione. Il rango più alto era costituito dalle Tayū (太夫) le quali potevano avere il privilegio di rifiutare i clienti.  Seguivano le Kōshi (格子). I loro clienti  erano parte dell’élite della società, come daimyō e ricchi feudatari, poiché la loro parcella era molto dispendiosa. Basti pensare che solo una notte con una Oiran equivaleva al salario annuale di un lavoratore. Per avere un incontro bisognava essere inviati dalle stesse per poi entrare in liste d’attesa di settimane.

L’ultima Oiran ufficiale visse fino 1761. C’è da notare che con la fama crescente delle Geisha man mano diminuivano le richieste per le Oiran. Oggigiorno non viene più svolta questa professione nel senso vero della parola ma ha la finalità di far rivivere le tradizioni del Paese, i vecchi usi e costumi.

La cosa affascinante di queste figure era che per via dell’isolamento dovuto alla legge sulla prostituzione (erano relegate in zone periferiche) vennero idolatrate e mistificate. In più dettavano mode e costumi. Erano loro che portavano le acconciature più particolari e i kimono più estrosi e ricchi, con Geta (sandali Giapponesi) alti quindici  centimetri.

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Shinano, Sakura e Bunsui.

Esistono diversi eventi durante l’anno che celebrano queste donne.

Il primo di questi si svolge in aprile a Tsubame nella regione di Hokuriku ed è il Bunsui Sakura Matsuri Oiran Dōchū. Si tratta di una parata famosa in tutto il Giappone dove ragazze di ogni regione si sfidano per avere il ruolo delle tre Oiran protagoniste: Shinano, Sakura e Bunsui. I nomi derivano dai fiori che nascono da tre specie diverse di ciliegi. Le ragazze sfilano davanti ad un corteo di minimo di settanta figuranti diversi tra Kamuro le loro aiutanti, servi e concubine. Ogni figurante viene selezionato ogni anno con la più massima accortezza.

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A settembre la parata Oiran Dōchū percorre Shinagawa, ed a inizio ottobre a Nagoya, intorno al tempio Ōsu Kannon, c’è lo Ōsu Street Performers Festival dove migliaia di spettatori assistono a due giorni di parata. Qui le Oiran sfilano nelle gallerie dei negozi dell’Ōsu Kannon district con tutto il loro entourage. Esso è composto dagli Yojimbo simili ai Samurai ma che hanno il ruolo di bodyguard, e dalle apprendiste.

Affascinanti, sensuali e misteriose come tutto in Giappone, donne dai mille volti e dai mille talenti, bellezze di un tempo passato.


gion Matsuri

Japanese Tradition: Gion Matsuri

Gion Matsuri: un'esperienza unica

Photo credit: Daranice

La Festa di Gion o Gion Matsuri (祗園祭), così come viene chiamato a partire dall'epoca Meiji, prende il suo nome dal noto quartiere di Kyōto, Gion appunto, situato nel distretto di Higashiyama. Si tratta di una festa religiosa in onore del dio Susanoo, anche conosciuto come Takehaya Susanoo-no-Mikoto, venerato presso il santuario Yasaka.
Susanoo, dio del mare e delle tempeste, è anche signore del mondo dei morti, oltre ad essere fratello di Amaterasu da cui si dice discenda la stirpe degli imperatori giapponesi.

Insieme allo Aoi Matsuri (15 Maggio) e allo Jidai Matsuri (22 Ottobre), il Gion Matsuri costituisce una delle tre più grandi feste religiose di Kyōto, e del Giappone. Viene celebrato ogni estate per tutto il mese di luglio. Lo scopo è quello di placare gli spiriti dei defunti e invocare la protezione del dio sulla città per tenere lontano malattie e catastrofi naturali.

Come potete immaginare si tratta di un matsuri ricco di eventi. I principali e più spettacolari sono la Yamaboko Junkō ( 山鉾巡行, sfilata dei carri) e il Mikoshi Togyo (神輿渡御, l'uscita dei palanchini divini). Entrambi si svolgono tra il 17 luglio e il 24 luglio, giorni in cui la festa raggiunge il suo apice.
Una delle ragioni maggiori della spettacolarità di questo festival è sicuramente la grandezza dei carri utilizzati, in particolari quelli chiamati Hoko. Questi raggiungono anche i 25 metri di altezza per un peso di più di 10 tonnellate, e vengono trainati grazie a delle ruote alte circa due metri. Ogni carro viene ogni anno costruito dalle fondamenta, e poi smantellato al termine del festival, e tutti i pezzi sono tenuti insieme senza l’utilizzo di viti, come da tradizione.
Ma procediamo con ordine…

Un pò di storia

gion Matsuri

photo credit: kyotodeasobo.com

Tradizione vuole che il Gion Matsuri sia nato nell'anno 869. Da circa un secolo la corte imperiale giapponese si era sposta da Nara a Heiya-kyō (la odierna Kyōto) ed era dominata dalla potente famiglia Fujiwara.
Si dice che in seguito alla diffusione di un'epidemia, la Corte Imperiale decise di tenere il primo goryōe (御霊会), un rito purificatore tenuto presso il piccolo tempio Shinsen'en. Bisogna sapere che a quei tempi la città si trovava in una regione piuttosto paludosa dell'entroterra, molto calda ed umida. L'alta concentrazione di popolazione unita alla mancanza di fognature e condotte idriche spesso favoriva la contaminazione delle acque potabili con quelle di scolo. Non è quindi difficile immaginare che malattie come malaria, vaiolo, influenza e dissenteria fossero molto diffuse. Eppure, nell'antico Giappone la causa di tutto questo fu attribuita a ben altro.

gion Matsuri

photo credit: japancheapo.com

Secondo le predizioni di un maestro divinatore i veri responsabili dell'epidemia erano degli spiriti malvagi, ovvero i fantasmi del principe Sawara Shinnō e dei suoi compagni. Questi, accusati dell'omicidio del nobile Fujiwara no Tanetsugu, erano morti professando fino alla fine la loro innocenza.
Nel tentativo di calmare gli spiriti si tenne quindi il primo goryōe con invocazione al dio Susanoo. Inoltre, il nobile Urabe Hiramaru fece erigere 66 lance, una per ogni provincia del Giappone, in modo da rinchiudere al loro interno gli spiriti malvagi e purificare la capitale.
Proprio qui nacque l'usanza di portare in processione tre mikoshi, o palanchini divini, e di tenere un goryōe ogni volta che una epidemia o malattia si diffondeva. Il tutto era contornato da altre celebrazioni e momenti gioviali.
Fino al 970, quando venne stabilito che il Gion Goryōe (祗園御霊会) si dovesse svolgere regolarmente ogni anno.

Successivamente, a partire dal periodo Muromachi, l'evento fu arricchito ulteriormente dalla presenza dei tipici carri, gli yamaboko (山鉾), anche essi fatti sfilare per le vie della città. Questi erano costruiti grazia alla collaborazione del ceto mercantile che proprio in questo periodo vive un momento di forte ascesa dopo secoli di denigrazione. I carri venivano adornati con decorazioni che si fecero nel tempo sempre più ricche e sofisticate.
Insomma, la sfilata divenne anche un modo per esibire la ricchezza del ceto mercantile.

Nonostante brevi interruzioni (durante la guerra Ōnin (1467-1477) e durante la seconda guerra mondiale (1941-1945) ), il festival viene ancora oggi mantenuto vivo e può vantare una storia lunga più di mille anni.

I festeggiamenti

I festeggiamenti che come dicevamo durano per tutto il mese di luglio coinvolgono tutte le varie aree della città.

Si inizia il primo di luglio, quando presso il santuario Yasaka si tiene la cerimonia del Kippuiri (吉符入). Qui, i rappresentanti dei quartieri responsabili dell'organizzazione pregano perché tutto si svolga tranquillamente e senza incidenti.

Il 2 luglio, presso il palazzo comunale di Kyōto, si svolge una estrazione presieduta dal sindaco della città con cui viene scelto l'ordine di processione dei carri. Aprire la processione però spetta sempre al Naginataboko (長刀鉾).

photo credit: heterophyllum

Il 10 luglio vengono preparati i mikoshi (神輿), tre palanchini che ospiteranno tre piccoli tempietti dedicati al dio Susanoo. Contemporaneamente, alcuni secchi vengono calati dal ponte Shijō per raccogliere dal sacro fiume Kamo l'acqua destinata al lavaggio dei mikoshi. Nel tardo pomeriggio si tiene poi una sfilata esibendo lanterne di carta di manifattura tradizionale che serviranno ad accogliere il dio.

Sempre il 10 luglio ha inizio anche la costruzione dei carri e passeggiando per le vie del centro di Kyōto potrete osservarli prendere lentamente forma sotto le mani sapienti dei loro costruttori.

I giorni tra il 14 al 16 luglio sono quelli che precedono la festa vera e propria. Il 14 luglio è conosciuto come yoi-yoi-yoi-yama (宵々々山), il 15 luglio come yoi-yoi-yama (宵々山) mentre il 16 è chiamato yoi-yama (宵山). Lo stesso varrà per il 21,22 e 23 luglio. In questi giorni, a partire dalle ore 6:00 del pomeriggio, le vie del centro chiuse al traffico si riempiono del vociare di passanti e turisti. Si passeggia tra le numerose bancarelle, alla luce delle lanterne tenute sempre accese, ammirando yamaboko.
Sempre in questo periodo, le famiglie più antiche della città aprono le finestre delle loro case permettendo così ai passanti di ammirare i tesori che custodiscono da generazioni.

Il 15 luglio, si tengono lo imitaketate (斎竹建) e lo yoimiya-sai (宵宮祭). Il primo è un rito durante il quale si dispongono a quadrato dei tronchi di bambù intorno all'area in cui si svolgerà la processione per proteggerla da ogni contaminazione. Lo yoimiya-sai si tiene invece presso il santuario di Yasaka, durante il quale lo spirito della divinità viene trasferito nei tre mikoshi purificati.

gion Matsuri

photo credit:  Tomomi Onishi

Il 16 luglio i musicanti di ogni carro si recano al tempio per pregare per il bel tempo il giorno successivo e non mancano spettacoli musicali e di danza per le strade.

Il 17 luglio è l'atteso giorno in cui la festa raggiunge il suo culmine. È il momento dello Yamaboko Junkō, la grande sfilata dei carri. Questi vengono divisi in 2 gruppi gli yama 山 (montagna) e gli hoko 鉾 (lancia) appunto. Il primo gruppo è formato dai 9 carri hoko, e simboleggiano le 66 lance utilizzate da Urabe Hiramaru per scacciare gli spiriti maligni. Il secondo gruppo è formato dai 23 carri yama, più piccoli, che trasportano rappresentazioni a grandezza naturale di personaggi importanti e famosi.
Ogni carro hoko trasporta musicanti che ne accompagnano la processione.
Kon-kon chiki-chin, kon-kon chiki-chin… questo è il suono distintivo del Gion Matsuri, una ritmo tradizionale risalente al periodo Edo.
E non mancano per le strade danzatori ed acrobati di vario genere a rendere la parata ancora più allegra e movimentata. Ovviamente tutti sono vestiti con costumi colorati e rigorosamente tradizionali.

Come già detto ad aprire la parata sarà il carro Naginata-boko. Viene così chiamato per via di una naginata (tipica lancia giapponese) che svetta verso l’alto sulla sua cima. Si dice che essa abbia il potere di scacciare spiriti maligni e pestilenze. La naginata originale di epoca Heian era stata forgiata in metallo, mentre quella che oggi possiamo ammirare è fatta in bambù.

Sul Naginataboko viene trasportato anche un chigo, (稚児), un bambino vestito con ricchi abiti tradizionali e un copricapo a forma di fenice dorata. Questo bambino ha il compito di rappresentare il dio durante la festa.
Il prescelto, solitamente selezionato tra le più importanti famiglie di mercanti e commercianti di Kyōto, deve sottoporsi ad un lungo periodo di preparazione prima di poter ricoprire questo ruolo. Settimane di riti purificatori e di completo isolamento, lontano da tutto ciò che potrebbe contaminarlo, e quindi anche dalle donne. Non gli è nemmeno permesso di toccare il suolo comune ma viene portato in spalla da uomini incaricati del suo trasporto
Al bambino spetterà il compito di tagliare con un solo colpo una grossa corda sacra realizzata in paglia. È lo Shimenawa-kiri (しめ縄切り), atto con cui la divinità entra nel mondo terreno recidendo il confine che separa i due mondi, e con questo gesto viene dato ufficialmente inizio alla grande festa.

gion Matsuri

photo credit:  picssr.com

Nel tardo pomeriggio, si assiste invece all'uscita dal tempio dei palanchini divini ovvero il mikoshi togyo. È il momento tanto atteso dello Shinkō-sai (神幸祭), ovvero l'uscita della divinità dal tempio con i palanchini portati a spalla per le vie della città.

Il 24 luglio questa doppia sfilata viene ripetuta e alla sera i tre mikoshi vengono riportati al tempio al tempio. È il momento del Kankō-sai (還幸祭), con il quale lo spirito del dio ritorna definitivamente al mondo che gli appartiene.
Al termine della sfilata i carri vengono immediatamente smantellati e conservati per il festival successivo.

gion Matsuri

photo credit:  Tomomi Onishi

Lo stesso giorno si svolge la Hanagasa Junkō (花傘巡行), evento che come suggerisce il nome stesso ha come protagonista i fiori. Questo nome viene infatti scritto con i caratteri di hana (花) ovvero fiore, e kasa (傘) ovvero ombrello. Durante questa parata, i carri e le persone che sfilano sono tutti adornati da ombrelli e cappelli abbelliti da fiori.
La parata è aperta da piccoli mikoshi trasportati questa volta da bambini e al loro seguito troviamo un corteo numerosissimo di persone in abiti tradizionali. Ci sono i rappresentanti di associazioni culturali e commerciali, musicisti, danzatori,acrobati e in particolare alcune tra le più note geisha e maiko della città. E sono proprio loro i fiori più belli da mettere in mostra.

gion Matsuri

photo credit: geimei.tumblr.com

Il 28 luglio c’è la cerimonia del mikoshi-arai (神輿洗式), il lavaggio dei mikoshi presso il santuario Yasaka, per purificare i palanchini, fino al prossimo anno.
Se vi trovate nei paraggi non perdevi questo momento. Si dice infatti che porti fortuna essere colpiti dagli schizzi dell'acqua destinata al dio.

A segnare la fine del Gion Matsuri è il festival del nagoshisai (夏越祭), che si tiene ogni anno il 31 di luglio presso il santuario Ekijin.
Legato al torii, il ‘cancello’ che segna l’ingresso dell’area sacra del tempio, si trova una grossa corda di paglia intrecciata a formare un cerchio del diametro di due metri, lo Chinowa (茅の輪).
Passate pure attraverso questo grande cerchio per essere purificati, e ricevere poi un talismano di protezione sul quale troverete scritto “Somin-shorai shison nari(蘇民将来子孫也) che significa “Sono un discendente di Somin Shorai”. Secondo la leggenda Somin Shorai era un uomo umile che un giorno accolse in casa un viandante che era già stato rifiutato da un ricco signore. Il viandante era in realtà una divinità che per ringraziarlo della sua ospitalità gli insegno come costruire questi talismani porta fortuna. Da allora si crede che questi abbiano il potere di allontanare catastrofi e ladri.

gion Matsuri

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gion Matsuri

photo credit: kyotoiju.com

Quello del Gion Matsuri è un lungo viaggio in cui si intrecciano storia e leggenda, religione e spettacolo. Un evento unico nel suo genere.
E voi? Avete mai avuto occasione di prendervi parte? Aspettiamo i vostri commenti e le vostre esperienze!


Japanese Culture: Geisha & Maiko

Maiko e Geisha: Artiste danzanti.

photo credit: metmuseum.org

La figura artistica più rappresentativa ma al contempo misteriosa del “Sol levante” è la Geisha (芸者 “Persona d’arte”).

Spesso viene confusa con la Maiko (舞妓 “Fanciulla danzante”) che è l’apprendista a questa professione. Per diventare una Geisha si deve fare una lunga gavetta e frequentare scuole apposite. Qui si impara a danzare, cantare e nell’uso del Shamisen (三味線 “Tre corde” tipico strumento musicale). Per quanto riguarda l’intrattenimento con il pubblico, la Maiko impara tutto accompagnando una Geisha in giro per le case da tè. Il rapporto che c’è tra Maiko e Geisha è una “sorellanza” vera e propria. Le due si chiameranno rispettivamente imoto-san "sorella minore" e onee-san “sorella maggiore". Il legame è cosi stretto che il nome d’arte per la futura Geisha viene deciso dalla “sorella maggiore” e lo porterà per tutta la carriera artistica.

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I kimono dai colori sgargianti col passare del tempo tenderanno a diventare scuri. Le Nihongami, pettinature risalenti al periodo Edo, sono molto complicate sia da fare che da mantenere. Esse vengono ornate dai Kanzashi, spilloni decorativi che variano a seconda delle stagioni (Es. fiori durante la primavera, colombe a capodanno). Queste diventeranno più sobrie ed il trucco eccessivo con piccole labbra color carminio che risaltano su una maschera nivea sarà sostituito per un risultato più naturale. Il piccolo vezzo del collo esposto (che nella cultura giapponese è una delle parti più sensuali della donna) da due linee bianche dipinte passeranno a tre.

Nel passato le figlie delle Geisha percorrevano fin dalla prima età questo percorso. Oggi è più comune iniziare l’apprendistato conclusi gli studi universitari. Tuttavia, questa è una professione che si sceglie liberalmente e non per continuare una tradizione familiare. C’è da dire che questa comunità tutta al femminile con tradizioni rigide e una forte etica morale tiene molto a celare il loro segreto secolare.

“L’arte di essere donna”

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Solitamente, nel nostro immaginario vediamo la Geisha come donna ricca di fascino ma succube, devota al proprio uomo in ogni più piccolo capriccio. Tuttavia questo è un errore poiché nel passato furono le prime donne con piena autonomia della società Nipponica.

Tutto iniziò con i Taikomochi (太鼓持), giullari che intrattenevano con acrobazie e battute umoristiche lo Shōgun (将軍 "comandante dell'esercito") e i Daimyō (大名) la nobiltà feudale.

Benché i Taikomochi erano molto amati per lo spirito goliardico che portavano a corte, questa figura andò man mano sparendo con l’apparizione delle prime Geisha ovviamente dando non poco scalpore ma venendo preferite per i movimenti sensuali e la grazia femminile.

Ma queste donne non erano cortigiane ne prostitute di lusso. Queste ultime nella cultura giapponese sono identificate come Oiran (花魁). Le Geisha erano artiste molto richieste. Le loro specialità includevano danza, canto e musica. Dovevano inoltre essere buone conversatrici e intrattenitrici. Esse esercitavano questa professione nel Okiya (置屋) "case delle geisha" a Kyoto la allora capitale dell’impero.

Durante la seconda metà dell’Ottocento l’isolamento del Giappone durato circa duecento anni terminò. Questo fu il momento in cui l’Europa conobbe un porto nuovo ed esotico.

Assieme a questo, tutto il resto del mondo conobbe anche la figura della Geisha ed il suo fascino. Questo influenzò anche la moda e costume occidentale. Puccini musicò la struggente Madama Butterfly e nell’arte furono muse per i più grandi pittori del tempo. Manet, Monet, Klimt, Renoir e Van Gogh sono solo alcuni dei pittori che hanno provato ad ispirarsi al Giapponismo. Questo è un movimento artistico che offre tributo all’arte Ukiyo-e (浮世絵 "immagine del mondo fluttuante"). Ma non solo, anche alle stampe dei grandi maestri Katsushika Hokusai (La grande onda di Kanagawa) e Kitagawa Utamaro. Quest’ultimo è famoso per le bellissime stampe dedicate alle donne. Più questo movimento artistico prendeva in patria, più le stampe ukiyo-e diventavano famose e richieste in occidente.

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“Mogli del crepuscolo”

Durante la Seconda Guerra mondiale con l’approdo degli Americani la figura della Geisha venne distorta. Ad essa fu attribuito un ruolo da prostituta poiché le giovani che davano conforto ai soldati erano chiamate “Geisha Girls”. Questo causò un’idea anti-femminista e sbagliata di queste donne.

Per le regole rigide di questo lavoro difficilmente la Geisha nel passato poteva concedersi l’amore. Poteva avere come compagno solo il suo Danna (旦那). In giapponese vuol dire padrone ma era più simile ad un marito che la Geisha poteva concedersi. Egli si prendeva cura della sua protetta finanziando le sue esibizioni e talvolta cancellando il debito che la giovane aveva con l’okiya per le spese scolastiche. Era quasi sempre il Danna che sceglieva la sua Geisha non il contrario. Nonostante questo, a lungo andare non era insolito che tra i due nascesse l’amore.

Ma per fortuna i tempi sono cambiati. Oggi le Geisha possono amare liberalmente, ma ovviamente concludendo l’attività con il matrimonio. È consuetudine che le ex Geisha diventino insegnanti di danza.

still dal film "Memorie di una Geisha"

Il numero delle Geisha è in netta diminuzione ed è un lavoro per lo più fine al turismo. Infatti, il loro pubblico oggi non solo è maschile ma anche femminile.

Ricordiamo le meravigliose parole di Arthur Golden che con il suo Best Seller “Memorie di una Geisha” ha creato un meraviglioso quadro. Questo ha permesso di riscoprire questo universo parallelo in bilico nel tempo tra passato e modernità.

“La Geisha è un'artista del mondo che fluttua: canta, danza, vi intrattiene; tutto quello che volete. Il resto è ombra, il resto è segreto.”