Un Pokémon insolito è apparso a Yoshinoya in Giappone

Un'intera generazione è stata colpita da questi mostri tascabili chiamati Pokémon e ora li potete trovare a Yoshinoya in Giappone! Ma come è possibile?

Il 2019 segna il 120° anniversario nel settore delle ciotole di manzo per la famosa catena Yoshinoya. Il popolare ristorante fast food ha deciso di celebrare attraverso un'interessante partnership con il franchise Pokémon.

Catturarli sarà facile e super delizioso, solo 6 Pokémon disponibili questa volta! Dal 19 dicembre, i clienti di tutto il Giappone potranno ordinare un nuovo tipo di ciotola di carne: il Pokémori!

Yoshinoya Pokémon Yoshinoya Pokémon Yoshinoya Pokémon

I Pokémori a Yoshinoya

Disponibile in tre varietà, Gyudon, Gyudon per bambini e Curry Rice, il tutto per meno di 500 yen (circa 4€), questo menu speciale include una scatola di succo e una figura Pokémon.

La parola "gyudon" significa "ciotola di manzo" in giapponese, quindi in onore di questo incredibile pasto della cucina nipponica è stato organizzato qualcosa di speciale. Avrai la possibilità di trovare sei figure di Pokémon con "don" nel loro nome giapponese.

Da sinistra a destra: Charizard (Lizardon), Groudon, Slowpoke (Yadon), Weepinbell (Utsudon), e le versioni ovest/est di Gastrodon (Tritodon)

Tuttavia, le sorprese non finiscono qui!
Sappiamo che la cultura giapponese ha una politica rigorosa per quanto riguarda il rispetto delle aree pubbliche. Quindi per tutti i bravi ragazzi e ragazze che puliscono i loro piatti, c'è un vantaggio speciale! È, infatti, possibile scoprire uno di questi mostri che si nascondono sul fondo delle ciotole, che sono anche appositamente progettate per assomigliare alle Pokéball.

Sfortunatamente, le ciotole a sorpresa sono disponibili solo in Giappone e vengono utilizzate solo per gli ordini di cibo. Tuttavia, se ordini Pokémori in viaggio, puoi ottenere dei contenitori e borse appositamente progettati per l'occasione.

Inoltre, è possibile godersi uno di questi Pokébowl comodamente da casa propria partecipando al concorso Twitter di Yoshinoya. Tutto quello che dovete fare è fotografare e twittare lo scontrino della vostra cena o del vostro ordine take away di Pokémori. Seguite l'account Twitter di Yoshinoya e ritwittando uno specifico post sul contest, avrete la possibilità di vincere uno dei Pokébowl (nota: contest disponibile solo in Giappone).

Tutti i Pokémon vi stanno già aspettando a Yoshinoya. Tuttavia, se volete vivere pienamente l'esperienza, dovreste dare un'occhiata al negozio di Yoshinoya della stazione Ebisu, conosciuto anche come uno dei più eccentrici Yoshinoya in circolazione. Questa posizione sarà, infatti, ridecorata anche in un motivo Pokémon.

Pokémon Yoshinoya Pokémon Yoshinoya Pokémon
Yoshinoya Pokémon

Le decorazioni sono programmate per rimanere in piedi fino al 5 gennaio, tuttavia, lo stesso Pokémori durerà solo fino a quando le forniture saranno disponibili. Quindi sbrigatevi, dovreste davvero catturarli tutti!!

Fonte: Yoshinoya
Photo Credits: Yoshinoya, perfectly-nintendo.comnintendosoup.com


Japan History: Yagyū Jūbei Mitsuyoshi

Yagyū Jūbei era uno dei più grandi spadaccini del Giappone e abbiamo deciso di dedicargli un blog. Nonostante le poche informazioni, è conosciuto come guerriero poeta, protettore dei deboli e grande sostenitore del codice dei samurai.

Yagyū Jūbei

photo credits: deviantart.com

Nonostante la poca documentazione esistente sulla vita di Yagyū Jūbei Mitsuyoshi (nato "Shichirō", 1607 - 12 aprile 1650) sappiamo che è cresciuto a Yagyū no Sato un piccolo villaggio di Nara. Suo padre era Yagyū Tajima no Kami Munenori, maestro spadaccino degli ormai celebri Tokugawa. Sia il padre che il nonno di Jubei erano stati grandi maestri nell'arte della spada. Suo nonno era il fondatore della scuola di Yagyu Shinkage, ancora oggi esistente ed era famoso per aver sconfitto samurai armati a mani nude all’età di 70 anni. Suo padre invece era il tutor personale di tre shogun e sembra avesse sconfitto sette assassini in una battaglia. Jubei ha ereditato da loro l’abilità e a 9 anni stava già mostrando segni di grande forza. Infatti, sostituì suo padre nell’insegnamento della spada agli shogun Tokugawa.

La vita

A 24 anni divenne il più grande spadaccino del famoso clan Yagyu. Sucessivamente espulso dal tribunale di Edo senza alcuna motivazione, non si sa se fu licenziato dallo shogun, o per una partenza di un pellegrinaggio.

Nei 12 anni successivi non si hanno più notizie, fino alla sua riapparizione all'età di 36 anni ad una dimostrazione di scherma assolutamente impressionante. Da lì, fu nuovamente integrato al governo. Riuscì a prendere il controllo delle terre di famiglia fino alla morte di Yagyū Tajima no Kami Munenori nel 1646. Scrisse il suo libro di scherma e filosofia, Tsuki no Shō (月之抄) o The Art of Looking at the Moon. Morì all’età di 43 anni in circostanze non chiare, non si sa se fu a causa di un infarto, di un incidente durante la caccia o addirittura assassinato da uno dei suoi fratelli. Yagyū Jūbei fu seppellito accanto a suo nonno, Yagyū Munetoshi, gli fu poi dato il nome postumo buddista di Sohgo.

La Leggenda di Yagyū Jūbei

Secondo la leggenda, Yagyū Jūbei aveva un solo occhio, l’altro sembra l’avesse perso in una sessione di scherma con suo padre. Nonostante questo, alcuni lo ritrassero invece con due occhi, anche se la figura dello spadaccino con una benda sull’occhio rimane sempre la preferita.

Yagyū Jūbei

photo credits: taigong788.skyrock.com/


Japan History: Yagyū Munenori

Yagyū Munenori (1571 - 11 maggio 1646) era uno spadaccino giapponese, fondatore dello Yagyū Shinkage-ryū, uno dei due stili di spada ufficiali patrocinati dallo shogunato Tokugawa (l'altro era Ittō-ryū).

Yagyū Munenori

photo credits: wikipedia.org

Diventa un grande esperto dell’arte schermistica grazie ad un lungo percorso quasi monastico dedicato all’insegnamento presso la famiglia dello Shogun. Proprio in questo luogo scopriamo la sua vera natura: guida e consigliere politico di ben tre shogun e capo di un corpo di “intelligence” da lui creato. Yagyū Munenori guiderà il Giappone, in piena segretezza, per quasi trent’anni.

La carriera di Yagyū Munenori

Munenori iniziò la sua carriera nell'amministrazione Tokugawa come hatamoto, un diretto detentore della casa Tokugawa. In seguito il suo reddito fu aumentato a 10.000 koku, rendendolo un fudai daimyō, ovvero un signore vassallo al servizio dei Tokugawa. Successivamente, Yagyū Munenori ricevette anche il titolo di Tajima no Kami .

Munenori entrò al servizio di Tokugawa Ieyasu in giovane età, e più tardi divenne un istruttore di spada per il figlio di Ieyasu Hidetada. Divenne anche uno dei principali consiglieri del terzo shōgun Iemitsu.

Yagyū Munenori

photo credits: doacademytorino.wordpress.com

Poco prima della sua morte nel 1606 passò la guida dello Yagyū Shinkage-ryū a suo nipote Toshiyoshi. Dopodichè, Toshiyoshi entrò al servizio di un ramo del clan Tokugawa che controllava la provincia di Owari. La scuola di Toshiyoshi aveva sede a Nagoya e venne chiamata Owari Yagyū-ryū, mentre quella di Munenori, a Edo divenne nota come Edo Yagyū-ryū. Takenaga Hayato, il fondatore dello Yagyū Shingan-ryū, era suo discepolo e ricevette da lui degli insegnamenti segreti (gokui) dello Yagyū Shinkage-ryū.

Intorno al 1632, Munenori completò Heihô Kadenshô, un trattato sulla pratica di spada di Shinkage-ryū e su come potesse essere applicato alla vita e alla politica. Il testo è ancora in stampa oggi in Giappone ed è stato tradotto più volte in inglese. Tradotto in italiano: “La spada che dà la vita” è un’avvincente biografia di Munenori e una serie di tecniche di spada.

Yagyū Munenori

photo credits: www.lunieditrice.com

Anche i suoi figli, Yagyū Jūbei Mitsuyoshi e Yagyū Munefuyu erano famosi spadaccini.


Japan History: Shimazu Takahisa

Shimazu Takahisa nacque il 28 maggio 1514, figlio di Shimazu Sagami no kami Tadayoshi (1492-1568), adottato da Shimazu Katsuhisa. Divenne il signore di Kagoshima dopo la fuga di Katsuhisa nel 1526. Conquistò la suddetta città nel 1536 ed estese la sua autorità in tutta la provincia di Satsuma.

photo credits: wikipedia.org

Fu uno dei primi daimyō ad impiegare armi da fuoco in battaglia durante l'assedio di Kajiki nella provincia di Ōsumi nel 1549. In quello stesso anno, accolse Francis Xavier a Kagoshima. Concesse la protezione dei Gesuiti per diffondere il cristianesimo nel suo dominio,ritirato successvamente sotto la pressione dei monaci buddisti locali. Takahisa ebbe anche relazioni diplomatiche con il Regno delle Ryūkyū.

photo credits: pinterest.com

15° capo del clan Shimazu, supervisionò il trasferimento della sede del clan dal castello di Shimizu al castello di Uchi nel 1550 quando mandò Ijūin Tadaaki a Shimizu per sopprimere le ribellioni e assicurare il controllo degli Shimazu sulla provincia. Nel 1554 le sue truppe vinsero contro i clan Hishikari, Kamō e Ketō durante l'assedio di Iwatsurugi. Suo figlio Shimazu Yoshihisa in seguito avrebbe completato la sconfitta di questi clan e assicurato il controllo degli Shimazu sul resto della provincia di Satsuma.

photo credits: global.rakuten.com

Si ritirò ufficialmente in favore di Yoshihisa nel 1566 e nel 1569 vennero sconfitti i clan Iriki-in e Tōgō e si assicurò il controllo su Satsuma. L'anno seguente respinse un attacco navale da parte di membri dei clan Kimotsuki, Ijiki e Nejime. Morì il 15 luglio 1571.

Molto importante la sua idea di promuovere le relazioni con persone e paesi stranieri.

I suoi figli furono Yoshihisa, Yoshihiro, Iehisa e Toshihisa.

photo credits: wikipedia.org


Bringing Japan to Italy: episode 09 - Codice Bianco

Qualche mese fa, in concomitanza con il festival del fumetto di Novegro , abbiamo avuto l'occasione di intervistare Codice Bianco. Per questo nono episodio di 『Bringing Japan to Italy』, l'artista specializzato in sculture ed origami si racconta ai nostri microfoni.

Codice Bianco ci ha gentilmente concesso questa intervista esclusiva per Japan Italy Bridge per aiutare a promuovere e condividere sempre di più la cultura giapponese. Inoltre, parliamo di come l'arte di creare origami si sia diffusa in Italia negli ultimi dieci anni.

Special Thanks: Associazione Ocha Caffè


La città di Nara e i suoi cervi, una meta imperdibile

Continuiamo il nostro viaggio nel Giappone e oggi ci spostiamo a Nara. Capitale dell’omonima prefettura, la città di Nara è situata nella regione del Kansai. Situata a nord della prefettura, i suoi confini sono adiacenti a quelli della prefettura di Kyoto.

Nara

photo credits: lensonjapan, Blondinrikard Fröberg

Con otto templi, rovine dei periodi passati e i famosi cervi, Nara rimane non solo una delle città più belle del Giappone ma anche una delle mete più ambite dai turisti. Durante il periodo Nara, la città era la capitale del Giappone e l’imperatore viveva qui prima di spostare la sede a Kyoto.

Il periodo Heian

Durante questo periodo, sono state proposte una numerosa fonte di teorie per l’origine del nome Nara.

Nara e La teoria Nihon Shoki

The Chronicles of Japan, il secondo libro più vecchio sulla storia classica giapponese, dice che la parola Nara deriva da narasu (essere piatti, a livello). Secondo questa teoria, nel settembre del decimo anno dell’Imperatore Sujin, alcuni ribelli scalarono la Nara-yama. Qui con le forze imperiali, si sono uniti per distendere alberi e piante ed è per questo che la montagna è chiamata Nara-yama. Trattandosi della testimonianza più antica, ha anche dei riferimenti nella cultura folkloristica. Essa infatti è considera l’etimologia storica da molti studiosi.

Nara

photo credits: x768, whity

Nara e la teoria della “terra piatta”

Pensata da Kunio Yanagita nel 1936, al momento questa è la teoria più accettata. Questa proposta attesta infatti che “la conformità topografica di un area relativamente piana fra una montagna chiamata Taira nel giappone orientale e hae nel sud di Kyushu, si chiama naru nella regione Chūgoku e Shikoku del Giappone centrale. Questa parola da origine al verbo narasu e all’avverbio e aggettivo narushi”.

Inoltre, questa teoria è supportata anche da alcune parole inserite nei dialetti che si riferiscono ad un area pianeggiante con il nome di naru e naro. A maggiore supporto di questa proposta, troviamo anche l’aggettivo narui, che non è strettamente negli standard giapponesi, ma lo troviamo in utilizzo nelle aree centrali del paese. Il significato di questa parola corrisponde infatti a “gentile”, “pendenze gentili” o “facile”.

Ad ulteriore sostegno di questa sua teoria, Yanagita porta il fatto che molti di questi nomi sono stati scritti con il kanji 平 ("piatto"). Ovviamente il fatto che storicamente Nara era scritto con gli ideogrammi 平 o 平城 va ad ulteriore supporto di questa teoria.

photo credits: chrizyshot, pantoniades

Nara e le querce

Un’altra opinione comune è che Nara derivi dall’ideogramma di quercia (楢). Suggerita da Yoshita Togo, possiamo trovare questa pianta chiamata con questo nome sin dal settimo e ottavo secolo. Infatti, Narahara ad Harima (circa il Kasai di oggi) deriva dall’albero nara, che potrebbe supportare questa teoria.

Il nome Nara preso in prestito dalla Corea

Questa è una curiosità quasi sorprendente. In coreano infatti, nara (나라) significa nazione, regno. Matsuoka Shizuo sosteneva che questa potesse essere una valida origine per il nome della città. Tuttavia non ci sono poche o quasi nessuna traccia del coreano antico, e non c’è alcuna prova che questa parola esistesse nel settimo secolo.

Nara Nara

photo credits: Jirka MatousekRhett Sutphin

Le origini

L’imperatrice Genmei nel 708 decise di spostare la corte imperiale nella nuova capitale, Nara. Conosciuta come Heijō o Heijō-Kyō, la città fu la prima capitale permanente del Giappone fino al 784. Successivamente la capitale fu spostata a Nagaoka per forzare le elite metropolitane e nuove tecniche di dinastie che si stavano diffondendo nel paese. Con lo spostamento in questa città, abbiamo anche la nascita dell’omonimo periodo.

Nara Nara

photo credits: Banalities, Josemspain

La Religione

Le sei scuole del buddismo di Nara, anche conosciute meglio come Rukushū (六宗) erano una setta accademica di Buddisti. Arrivati in Giappone dalla Corea e dalla Cina nel sesto e settimo secolo, erano controllate dal nuovo governo di Nara.
A causa del coinvolgimento del governo nell’espansione religiosa, troviamo la costruzione di diversi templi nella città. Uno di questi è il sito dei Sette Grandi Templi del sud di Nara. Tuttavia, queste sette miravano a diventare la scuola principale del buddismo della Casa Imperiale del Giappone e della sua nobiltà. A causa proprio della conformazioni di questi templi, le scuole sono state appunto definite le “Sei scuole del sud del buddismo di Nara”.

Nara

photo credits: wikipedia.it

I Templi

Avendo stabilito Nara come nuova capitale, anche il tempio del clan Soga fu rilocato. L’imperatore Shōmu ordinò la costruzione del tempio Tōdai-ji e della più grande statua di Buddah in bronzo.

I templi, conosciuti come i Nanto Shichi Daiji, rimasero spiritualmente importanti anche dopo lo spostamento della capitale nel 794. Infatti, Nara ricevette il sinonimo di Nanto (南都 "La capitale del sud").

Nara

photo credits: wikipedia.it

Nanto Shichi Daiji

Letteralmente “i sette grandi templi della capitale del sud”, un nome storico comune che si riferisce al complesso di templi buddisti situati in questa città.

  • Daian-ji (大安寺)
  • Gangō-ji (元興寺)
  • Hōryū-ji (法隆寺)
  • Kōfuku-ji (興福寺)
  • Saidai-ji (西大寺)
  • Tōdai-ji (東大寺)
  • Yakushi-ji (薬師寺)

Nara divenne una città turistica già nel periodo Edo. Infatti, questi anni videro la pubblicazione di diverse mappe per i visitatori della città.

photo credits: wikipedia.it

La città Moderna

Nonostante sia stata capitale del Giappone dal 710 sino al 794, Nara divenne una città ufficialmente solo il 1 febbraio 1898. Da città di commercio del periodo Edo e Meiji, oggi Nara è una delle principale mete per i turisti grazie anche al suo ricco numero di monumenti. Inoltre, nel Dicembre 1998, la città divenne parte dei siti protetti riconosciuti dall’UNESCO come eredità dell’umanità.

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photo credits: GGzeOuf, Travis, Cesar I. Martins

Il parco e i cervi

Sicuramente, una delle mete più famose è il parco di Nara assieme ai suoi immancabili cervi. Questo, è un parco pubblico istituito nel 1880, situato ai piedi del monte Wakakusa. Sotto il controllo della Prefettura di Nara, questo magico posto è casa per oltre 120 sika o shika, i famosi Cervi di nara.

I visitatori infatti, possono camminare per i prati accompagnati da questi simpatici amici a quattro zampe classificati come “monumento naturale” dal Ministero dell’Istruzione, cultura, sport, scienza e tecnologia.

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photo credits: Alberto Ortega, japanitalybridge.com

Secondo i locali, il cervo di quest’area era considerato sacro e il vassello ideale per una visita da uno dei quattro dei del santuario Kasuga, Takenomikazuchi-no-mikoto. Apparso sul monte Mikasa-yama, si dice fosse stato inviato da Kashima (Ibaraki) a cavallo di un cervo bianco.
Tutt’ora, questi cervi sono considerati simboli sacri e divini del santuario Kasuga e Kōfuku-ji. L’uccisione di uno di questi era considerata delitto capitale e punibile con la morte fino al 1637. Dopo la seconda guerra mondiale, il cervo fu ufficialmente spogliato dal suo stato di divinità e nominato “tesoro nazionale”, quindi soggetto a tutte le protezioni del governo.

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sika sika

photo credits: japanitalybridge.com, coniferconifer, Bill Hails, Steffen Flor

Se passate per questa città, non potete perdere l’occasione di passare del tempo insieme a queste magnifiche creature. E’ possibile anche acquistare degli appositi biscotti per nutrire i famosi cervi di Nara. Essi vi ringrazieranno con un inchino, ma attenzione, l’ingordigia è dietro alla porta, attenti a non farvi mordere!

video credits: japanitalybridge.com

 


Japan Tradition: Akita Kantō

L’Akita Kantō (秋田竿燈まつり) è il festival della città di Akita. Si celebra dal 3 al 7 agosto con lo scopo di pregare per avere un buon raccolto. Questo festival è molto particolare, e per parteciparvi c’è bisogno di avere delle abilità particolari.

Akita Kantō

photo credits: Zamboni.

La particolarità dell’Akita Kantō

Se non avete mai avuto la possibilità di assistere a questo matsuri particolare, sicuramente oggi ne rimarrete sorpresi. Infatti, i festeggiamenti consistono del portare in parata notturna lungo le strade della città dei pali di bamboo. E fin qui potrebbe anche risultare semplice, se non fosse che questi pali hanno una lunghezza che varia dai cinque ai 12 metri. Inoltre, in cima a questi, ci sono ventiquattro o ventisei lanterne con annessi gohei (bacchette di legno). Il peso totale di questi pali può arrivare a 50 chili. Essi vengono trasportati per le strade della città sui palmi, le fronti, le spalle o la schiena dei partecipanti.

L’Akita Kantō è uno dei principali festival della regione Tōhoku assieme al Tanabata, l’Aomori Nebuta Matsuri e l’Hanagasa Matsuri. Infatti, nel 1980 è stato definito come Proprietà importante e intagibile della cultura popolare.

Akita Kantō

photo credits: Laura Tomàs Avellana, hitoyam

Le Origini

Il festival ha origine dal Neburi Nagashi, celebrazione che aveva lo scopo di liberarsi dalle malattie e dalla negatività durante l’estate. Già presente durante il periodo Horeki, nel mezzo dell’era Edo, si possono trovare testimonianze in diversi documenti storici. Una di queste è "Yuki no huru michi (The road where it snows)” scritto da Soan Tsumura nel 1789. Questo è infatti la documentazione più antica che porta descrizione del Neburi Nagashi. Qui si dice che il festival si teneva il 6 luglio secondo il calendario lunare ed è definito la tradizione originale di Akita.

Durante il Neburi Nagashi, le persone decoravano gli alberi e le piante di bamboo con pezzi di carta dove scrivevano i propri desideri. Successivamente, i partecipanti camminavano per la città con queste piante assieme a candele e lanterne. In seguito, il Neburi Nagashi prese il nome di Kanto.

photo credits: foxeight 

La storia dell’Akita Kantō

Il nome attuale dell’evento è stato usato per la prima volta da Tetsusaku Okubo nel 1881. Il questo periodo infatti, l’imperatore Meiji fece visita ad Akita. Qui Okubo suggerì di intrattenere l’imperatore con la performance Kanto.

A causa del cambio del calendario da lunare a solare nel 1872 e visto il numero minore di Kanto che partecipavano al festival, la realizzazione di quest’ultimo cominciò a risultare incerta.
Tuttavia nel 1908 l’imperatore Taisho visitò Akita e si innamorò della performance Kanto. L’anno successivo, una ditta di bibite pullicizò i propri prodotti sulle lanterne dei Kanto. Questi due eventi portarono alla restaurazione del Kanto vestival e al suo cambio di date, per evitare la stagione delle piogge.

Akita Kantō Akita Kantō

photo credits: Laura Tomàs Avellana

A seguito di ciò, il numero dei visitatori aumentò e venne fondata nel 1931 la Kanto Society, incaricata di gestire il festival.

Cancellato durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, nel secondo dopoguerra fu stabilito il Comitato Esecutivo del Kanto Festival.

Nel 1976, dopo una performance di successo a San Diego, negli USA, il Kanto divenne popolare in varie nazioni.

Cos’è il Kantō

Letteralmente, Kantō vuol dire “un palo con le lanterne” ed è fatto da pali di bamboo e lanterne in carta di riso, appese su barre orizzontali.
Il palo di bamboo principale è chiamato “Oyatake” e sono tutti prodotti in Giappone e dalle fattezze alquanto spesse. Ci sono addirittura delle regole molto severe sullo spessore e sugli spazi di giunzione dalla radice per questi pali.
Per questo, le persone che scelgono il palo devono essere molto esigenti sul tipo di bamboo utilizzato per produrre il Kantō.

photo credits: Laura Tomàs Avellana, Choo Yut Shing

I rami orizzontali sono chiamati “Yokotake” ed è qui che vengono appese le lanterne. I pezzi di bamboo utilizzati per rendere l’Oyatake ancora più lungo sono chiamati “Tsugidake”.

I Kantō si suddividono in quattro categorie dalla lungezza regolata: Oowaka, Chuwaka, Kowaka e Youkawa.

Le tecniche di Kantō

Ci sono varie tecniche per utilizzare il Kantō dal nome “Myogi” e suddivise in 5 catgorie.

Akita Kantō Akita Kantō

photo credits: Laura Tomàs Avellana

Nagashi
Gli artisti tengono il Kantō sul palmo delle mani e lo bilanciano con le loro dita. In questo modo altri artisti possono aggiungere Tsugitake

Hirate (mano)
Gli artisti tengono il Kantō ancora più in alto sul palmo della mano

Koshi (fianco)
Il Kantō è sorretto dalle dita. Successivamente spostato sul palmo della mano e poi sul fianco. L’artista si piega lateralmente e bilancia con le proprie gambe.

Akita Kantō

photo credits: Laura Tomàs Avellana

Kata (spalla)
Gli artisti tengono il Kantō sul palmo della propria mano dominante e formano una linea partendo dalla gamba al Kantō, alzandolo ancora più in alto.

Hitai (fronte)
L’artista tiene il Kantō con le proprie dita e poi lo sposta sul palmo, successivamente sulla fronte.

Durante la giornata si tengono anche delle competizioni per testare queste capacità, le Myogikai. Lo scopo è quello non solo di far vedere le proprie capacità, ma anche di studiare quelle degli altri partecipanti per imparare nuove tecniche.

Akita Kantō

photo credits: foxeight

L’Akita Kantō oggi

La data del festival è stata cambiata per ben tre volte. Attualmente si tiene dal 3 al 6 agosto di ogni anno.

La performance serale dell’Akita Kantō è quella principale e si tiene al Kanto Oodori, una delle strade principali di Akita. Qui lo scopo dei performer non è competere fra di loro, ma intrattenere i visitatori mostrando le proprie capacità e illuminando Kanto. Più di 230 vengono sollevati allo stesso momento al suono di musica di taiko e flauti.

Akita Kantō

photo credits: foxeight

Un’esperienza unica nel suo genere che vale la pena di essere vissuta a pieno, non appena ne si ha la possibilità.


Bringing Japan to Italy: episode 08 - Alex Kerr

In concomitanza con l'uscita del suo libro "La bellezza del Giappone segreto", Alex Kerr ha tenuto una conferenza a Palazzo Reale a Milano. Noi di Japan Italy Bridge abbiamo avuto l'occasione di incontrarlo e porgli qualche domanda.

In questo episodio 8 della nostra serie Bringing Japan to Italy, Alex Kerr ci racconta del suo Giappone segreto. Figlio di una famiglia della marina americana, sin da giovane età gira il mondo fra Italia, Giappone, USA, per poi ritornare nella terra del Sol Levante. Dagli anni dell'università, Alex Kerr ha fatto di Kyoto la sua base di vita.

Qui ha scoperto un nuovo mondo, un Giappone che difficilmente noi occidentali riusciamo a vedere. Un paese fatto di tradizioni, piccoli villaggi, case col tetto di paglia e pavimenti in legno antico. Ci racconta di come la sua vita sia cambiata grazie alla vincita del premio letterario Scincho Gakugei. In seguito a ciò infatti Alex Kerr è entrato in contatto un gruppo di Litterati e artisti giapponesi con i quali collabora ancora oggi.

Ma ora vi lasciamo alle parole di Alex Kerr e al suo Giappone segreto. Buona visione!

Special Thanks: Associazione Giappone in Italia

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